Progetti con le scuole. Martedì 11 marzo, terzo incontro con il Liceo Tacito. Location, la sala di Presidenza del Liceo, adibita per l’occasione a sala conferenze.
Giornalista ospite di turno: Stefano Cappellini, vicedirettore de LaRepubblica. Partecipano, accompagnati come sempre dalla loro Docente di Storia e Filosofia Donatella Buonfiglio (ma oggi presenti anche altri tre docenti), Studentesse e Studenti di due classi, di liceo classico e linguistico, una quarantina di giovani che noi due, Paola Pace ed il sottoscritto in rappresentanza della nostra Associazione, abbiamo già incontrato nei due incontri precedenti. Sempre interessati, non attratti dalla circostanza di saltare due ore

curricolari della loro mattinata scolastica, bensì presi proprio dal desiderio di ascoltare e dibattere con un giornalista su temi di attualità. E che attualità! Oggi si va decisamente su temi top della politica internazionale di queste settimane, di questi mesi, di questi anni…. ma il taglio non puramente cronachistico, ma colto, porta il discorso anche a livello storico. Per comprendere, non si ha paura di andare a scandagliare la storia: altre epoche, ma con le radici dei problemi di oggi. E gli strumenti conoscitivi ci sono: che li abbia il qualificato giornalista relatore/ospite, ci sta, per propria formazione storica e per professione. Ma li hanno, eccome, anche studentesse e studenti presenti: e neanche a dire che si parli necessariamente di argomenti da programma didattico scolastico. Va bene, sono alunni del quinto anno, ma a parte che siamo a marzo e i programmi sono del tutto in fieri; ma a certi eventi, degli anni Ottanta/Novanta del Novecento a scuola purtroppo neanche si fa in tempo ad arrivarci. Dunque è un fatto: studiando studiando storia (e filosofia… e tante altre cose) qui c’è anche lettura di giornali e libri, c’è ascolto di cose dette e dibattute in programmi televisivi e non, ma anche più in generale da adulti esperti e forse anche da gruppi e movimenti culturali. Questo per dire che quando Stefano Cappellini intraprende fin dall’inizio la strada dello scambio di idee diretto con i giovani in sala, il dialogo decolla senza difficoltà e senza superficialità alcuna. Davvero efficace Cappellini - direi da Docente oltre che da giornalista - nel cogliere i collegamenti profondi tra fatti, eventi, idee - e opinioni -; nel tessere una tela ben intrecciata di vicende storiche, vicende di cronaca e pensiero critico, che sottrae le dinamiche storico/politiche ai giudizi impressionistici o alle curvature emotive e di parte, e le consegna ad una disamina più rigorosa e dialettica – direi storico/scientifica. Ed efficacissimo anche il modus di accompagnare il tutto con esempi presi dal vivere quotidiano delle persone, per rappresentare plasticamente situazioni, emozioni, comportamenti anche di popoli e stati. Lo scenario che ne deriva assume contorni di un razionale realismo che – può sembrare paradossale - ti fa traguardare… più in là. Cosicché le diverse angolazioni ed opinioni diventano occasione di confronto, di arricchimento, e di conoscenza. L’interscambio nell’arco delle oltre due ore di incontro è continuo, con frequenti rovesciamenti di ruoli. Il giornalista fa domande e sollecita risposte e opinioni dei ragazzi; questi a loro volta fanno domande e sollecitano opinioni del relatore. Che quindi tale non è, perché si pone come parte di un dibattito, di un discorso collettivo, dal quale escono immagini - chiare e fondate - di origini, sviluppi e prospettive della guerra russo/ucraina; dei rapporti storici, tragici, politicamente intrecciati e antropologicamente conflittuali, fra russi e ucraini; del ruolo degli Stati Uniti in questa vicenda come in altre della storia contemporanea, e della curvatura radicale assunta con questa seconda amministrazione Trump; delle vicende e dinamiche dell’allora Unione Sovietica, dalla Rivoluzione d’ottobre a Gorbaciov. E così pure origini (ataviche), sviluppi, prospettive – nebulose – del conflitto israelo-palestinese; e del ruolo, storico e attuale, del mondo arabo in questo scenario. E su tutto, il ruolo, al momento evanescente, eppure forse ricco di potenzialità, della nostra Europa. Gli interventi montano, aumentano, con interlocuzione anche degli studenti fra loro. Non c’è una voce che si diffonda stonata, anche quando le divergenze (più sulla questione israelo/palestinese che su quella ucraina) emergono con nettezza. Con “voci non stonate”, si intende dire, mai sopra le righe per umori, concetti e lessico. Tutto appare confronto, anche nella diversità. Insomma è vero che il docente non è un docente, bensì un giornalista, ma sembra proprio di stare …. in una scuola!!! Qui si fa formazione, si fa cultura, si cresce: è apertura, non chiusura.

Non è senza significato che l’incontro vada oltre i tempi previsti e che alla fine il giornalista (ormai rimasto in camicia, nell’impegno della conversazione!!) e qualche ragazzo facciano gruppetto informale per continuare a parlare e dibattere (c’è fotografia a testimonianza fattuale!!!). Insomma un’occasione di incontro davvero ben spesa. Grazie al giornalista, umanamente e professionalmente empatico, colto – e mi si permetta di dire, intellettualmente limpido - che ha saputo trovare il percorso giusto per parlare e interloquire con studentesse/i su temi così complessi e delicati, che peraltro ci stanno per tanti motivi sulla pelle. Ma grazie anche a studentesse e studenti che hanno chiarissimo in testa cosa voglia dire formarsi, studiare e cercar di capire. E anche esprimersi, elaborare idee e comunicarle, senza diaframmi, ma con il senso del dialogo: che è parlare e ad un tempo ascoltare….. ascoltare e ad un tempo parlare. Ma non sarà che questa si chiama democrazia??
E grazie anche alla docente che con queste classi - è chiarissimo - ci lavora nel profondo… ed arriva… dentro di loro.
E perché no? Grazie anche alla nostra Associazione che in queste iniziative con le scuole, e con molte/i giornaliste/i, ci investe tanto del proprio DNA e della propria voglia di esserci: di essere!