Una buona pratica da estendere dove si può
di Simonetta Rossi---09-07-2024
Se da Piazza Giovenale ci si inoltra lungo il dedalo di stradine che confluiscono in Via Domizia Lucilla, si giunge in prossimità di una delle entrate del Parco di Monte Ciocci, che si trova alla fine della ciclopedonale di Monte Mario. Prima dell'entrata, sulla destra, dietro una cancellata il terreno appare sorprendentemente coltivato: rose di tutti i colori, peonie, papaveri che svettano fra il verde di ortaggi di ogni tipo. Sono gli 'Orchi Urbani di Monte Ciocci'. No, non è un refuso, avete letto bene: 'Orchi'. Il gioco di parole dipende dal fatto che la creatrice di questo spazio verde si chiama Orchidea (nomen omen!) De Santis.
Quando nel 2013 fu aperto il Parco, Orchidea, insieme al Comitato Monte Ciocci, ebbe l’idea di bonificare la zona che confinava con l’Istituto Tecnico Agrario e che appariva una discarica a cielo aperto. Con alcuni volontari, e nell'interazione con il XIV Municipio oltre che con Paola Marsi, l'addetta agli orti urbani del Comune di Roma, nel 2014 il terreno fu ripulito.
Poiché il Regolamento sugli orti urbani e giardini condivisi del Comune di Roma stabilisce che le aree dedicate a tale scopo debbono essere affidate ad associazioni o a gruppi attraverso il comodato d’uso, nacque allora l'Associazione di volontariato 'Orti urbani', con un progetto per la riqualificazione di un’area in abbandono che prevedeva di ricavarne 15 lotti di 60 mq ciascuno.
Tutti gli assegnatari erano certamente armati di buona volontà, ma nessuno aveva mai coltivato un terreno. La svolta decisiva avvenne quando, un paio di anni dopo, entrò a far parte dell'Associazione una persona che si intendeva di piante, di coltivazioni, di botanica in generale e che mise le sue conoscenze al servizio degli altri assegnatari. Passeggiando vicino a questi orti si può constatare che essi sono stati degli ottimi alunni.
Accanto ai pomodori, alle zucchine, all'insalata sono stati piantati, come ho detto, fiori di tutti tipi, ginkobiloba, alberi di agrumi coltivati da signore eleganti, da persone di una certa età e da giovani, tutti appassionati a questo lavoro faticoso, ma ricco di soddisfazioni. Il 'Lotto dei chiodini' è affidato agli studenti della scuola Dionigio Chiodi che ci lavorano quando possono, altrimenti c’è una persona che lo cura per questa scuola. Nell'area sono stati posti casotti per il ricovero delle piante, oltre che tavoli e panchine, utili non soltanto per il riposo ma anche perché ogni tanto negli orti si svolgono festicciole, picnic, visite guidate.
All'inizio gli ortisti dovettero vincere le resistenze degli abitanti dei palazzi che sorgono alle spalle di questi terreni. Resistenze vinte quando, al posto di immondizia e fetore, essi videro nascere verdure di ogni genere, essenze profumate, colture sperimentali, e soprattutto quando, ripianate le montagnette di terra e di rifiuti che ne impedivano la vista, poterono ammirare la cupola di San Pietro che si staglia in lontananza, proprio difronte agli orti.
Una delle molte sorprese che questa zona riserva è la presenza di alcune casematte della Batteria Bini realizzate dopo il 1870, che facevano parte della Cinta Fortificata del Campo Trincerato di Roma, un fossato che, posto a circa 4 Km dalle mura Aureliane, era costituito da 15 forti e 3 batterie che formavano un anello di 37 Km. Queste casematte sono state considerate dei bunker e sono anche state utilizzate dagli sfollati come abitazioni di fortuna dopo la seconda guerra mondiale.
Oggi Orchidea De Santis ha lasciato la direzione dell'Associazione - che conta oltre 30 soci che si occupano dei 18 lotti attualmente disponibili - nelle mani di Claudio Rainaldi. Chi vuole può partecipare alla cura di questi terreni chiedendo di fare l'aiutante per diventare, dopo sei mesi e se uno degli assegnatari ne fa richiesta, collaboratore di uno specifico orto.
Le informazioni per iscriversi all'Associazione o per mettersi in lista per avere un lotto da coltivare qui (in tutta Roma sono circa 150 gli orti urbani) si trovano nella pagina FB