RICORDANZE
di Carlo Mari---18-05-2024
Ma in questo sito di una associazione politico/culturale, è possibile buttar dentro emozionalità intimiste? Oppure è fuori asse, fuori schema, fuori clima; fuori sito insomma? Ma sì che è possibile, lo so, lo sappiamo. Perché quello che nella nostra Associazione seguiamo, dibattiamo, amiamo, è la persona: con se stessa e con gli altri, la persona cittadino e la persona individuo, la persona noi e la persona io.
E quale luogo migliore, per cercare e trovare tutto questo, se non una scuola, una comunità che proprio di formare la persona si occupa, la persona cittadino e la persona individuo? il suo io e il suo noi. Quante volte nella nostra attività associativa ci occupiamo di scuola, parliamo di scuola, dibattiamo di scuola, litighiamo per la scuola? Progettiamo con e per la scuola, per i suoi lavoratori – siano essi docenti, dirigenti, a.t.a. – e per i suoi giovani, studentesse e studenti che ti fanno penare ma anche entusiasmare. E quando vai in pensione ti restano dentro. Quanto vere e veri nei loro interventi, stimolanti o provocatori, nei dibattiti con noi adulti! Quanto vere e veri nelle loro emozioni, che ti trasmettono mentre fibrillano verso un futuro tutto da scoprire. Quanto vere e veri quando ti ascoltano o ti ignorano, ti interrogano o ti cercano. Quando cantano melodiosamente, come sovente ci capita con il coro del Liceo Vivona; o quando danzano planando sul pavimento con una leggerezza alla Calvino, come le ragazze e i ragazzi dei licei coreutici. Oppure quando ti dicono che non sentono appartenenza all’idea di Europa e poi ti parlano di musicisti, scrittori, filosofi, scienziati, artisti europei con la consapevolezza istintiva che sono europei più che tedeschi, italiani, francesi, inglesi, finlandesi… e così via; con una giovanile capacità di non accorgersi nemmeno di barriere, differenze, rivalità, sentendoli soltanto come persone che ti emozionano e ti comunicano umanità. Il senso vero della scuola, che va al di là di ogni schema, perché è pensiero critico, libero, perché è umanesimo. E’ memoria, è passato, è futuro: ed è presente.
E poi ti capita anche di essere in una scuola per motivo altro da quello istituzionale. Non per fare lezione o ascoltarla, non per lavorare o per studiare: ma per ricordare. Una ricorrenza, una memoria, una storia. Come il 17 maggio 2024, centenario della nascita del Liceo Terenzio Mamiani, di Roma, viale delle Milizie 30; istituto iconico del sistema formativo romano. Ad un soffio di vento dalla sede operativa della nostra Associazione. Eh sì, perché il prestigioso Liceo Mamiani nasce nel 1924. 100 anni, un tempo lunghissimo. Addirittura un tempo infinito, se pensiamo a quello che c’è stato nel mezzo: il fascismo, la guerra mondiale, la liberazione, la Costituzione, la Repubblica, la democrazia, il boom economico, il Sessantotto, le crisi economiche, il consumismo, internet ed il digitale, la prima e la seconda repubblica (ma ora siamo nella terza? boh!), le occupazioni, il Covid, le guerre sparse nel mondo, la guerra di nuovo in Europa. La paura e la speranza, il sogno di un futuro da preparare. E in più… le nostre vite.
E il Mamiani sempre lì, a viale delle Milizie, col suo edificio, la sua mission, le sue persone che ci hanno lavorato e ci lavorano; ci hanno studiato e ci studiano. Ed il grande poeta Orazio che dalla parete interna del cortile - “il muro narrante” come è stato battezzato per l’occasione dagli organizzatori della festa del centenario - ci ricorda, con una epigrafe lucidata a nuovo, che “l’educazione sviluppa il potenziale umano e la cura di ciò che è giusto”. E questi versi del grande poeta di un’era che fu te li rileggono due studentesse del Mamiani di oggi; che per l’occasione hanno dismesso tute, minigonne, pantaloni e sneakers, e si sono illuminate dentro due eleganti vestiti lunghi da cerimonia, con sandali classici con tanto di tacco alto. E poi, a coronare un tardo pomeriggio caldo di primavera, altre due giovani, che si siedono al pianoforte nell’atrio della scuola, sontuoso e sobrio ad un tempo. Sì, un pianoforte unico, perché il programma prevede un concerto pianistico a quattro mani. Due pianiste giovani, molto men che trentenni, ma già bravissime, dal brillante curriculum, di studi, di diplomi pianistici, di concorsi vinti. E una di loro - ebbene sì - ex alunna del Mamiani, avvolta in un lungo vestito di seta rosa, e la sua partner anch’essa in lungo. Sedute al piano in coppia sembrano il quadro di Renoir “Jeunes filles au piano”. E ti trasportano sulle dolci ali delle melodie di Ravel, per poi scatenarsi in una trascinante Polonaise di Balakirev. E dulcis in fundo, le note suggestive – a dir poco – dei Pini di Roma di Ottorino Respighi, arrangiati a suo tempo dallo stesso Respighi per una esecuzione pianistica a quattro mani; un arrangiamento che sembra creato su misura per le nostre due pianiste! E per noi. E dall’atrio del Mamiani usciamo tutte e tutti con la immaginazione per ritrovarci con la emozionalità impressionistica di Respighi lungo i viali festosi di Villa Borghese, e poi lungo le strade tenebrose delle catacombe, e poi di nuovo nella solarità del Gianicolo. Per chiudere viaggio e sogno fra i pini austeri e struggenti dell’Appia antica.
Tu chiamale, se vuoi, emozioni.
Col professore che, mentre festeggia, pensa a questi suoi ultimi mesi di servizio – e di comunità con i giovani - prima della pensione; e con la professoressa che ricorda quella sua ex alunna oggi pianista affermata e affascinante nel suo lungo abito rosa. E con l’altra professoressa che proprio non dimentica che la settimana dopo dovrà accelerare col programma, perché è un po’ indietro. E con la bidella che pensa al sovrappiù di lavoro per ripulire e riordinare quell’atrio… ma ne valeva la pena. La festa è anche sua, che da vent’anni cura quei locali, come fossero casa.
E poi il sottoscritto, appassionato di musica, che guarda le due pianiste, le ascolta, divora note e melodie. Ma poi si perde con lo sguardo al di là del pianoforte e di chi lo sta suonando. Perché alle spalle c’è una scalinata, che ha percorso in su e in giù non si sa quante volte, quando era Dirigente di quel liceo. E fra le fontane del Gianicolo ed i pini dell’Appia… ma sì, lo vede, il sé di tredici anni prima, che sale e scende per quella scalinata; ed è ancora lì, a prendere decisioni, a parlare, e ad ascoltare. E’ ancora lì: lo so, direte voi, nel ricordo, nella immaginazione. Eppure no, è proprio lì, lo vede, può toccarlo, un po’ più magro ed un po’ più scuro nei capelli. Tredici anni, il tempo infinito di un vissuto che si dipana fra gioie e dolori, fra impegni, desideri e speranze. Tredici anni, una vita. Anni che si vedono sul volto di tantissimi di noi, che ci riconosciamo persino con qualche fatica, per i colori cambiati dei capelli, della pelle, e soprattutto dei nostri occhi. Occhi che vedono il presente, ma per un pomeriggio vogliono inseguire il passato. Del liceo, e proprio.
Infine il buffet nel cortile, sotto lo sguardo vigile ma benevolo di Orazio. E poi i saluti. Arrivederci, sì, a presto, forse. Esci dal cancello, su Viale delle Milizie, e sei di nuovo totalmente ed esclusivamente immerso nel presente, una donna smunta con la bambina in braccio che chiede l’elemosina, una fila di auto al semaforo rosso; e l’edificio austero dell’istituto che piano piano si richiude e si addormenta per la sera, per la notte, per riaprirsi poi al nuovo giorno di scuola.
Nostalgia? Ma la nostalgia è profumo delle pagine del tempo, che ci ricorda che la bellezza del passato abita nei ricordi che ci accompagnano nel presente.
Ricordanze? Emozioni? Chiamatele come volete. Io credo si chiamino semplicemente persone. Del Mamiani. Della scuola. Di ogni scuola. Ed anche della nostra Associazione, che di persone è fatta e di persone vuole occuparsi. Cittadini ed individui; il noi e l’io.
Per questo mi son permesso di socializzare con Voi queste mie ricordanze, queste mie emozioni.
Di un pomeriggio caldo di primavera, nell’atrio del Liceo Mamiani… da cui saliva la musica.