Mattia Feltri al Liceo Socrate
di Giuliana Mori---09-02-2024 | |
È un incontro pieno di domande quello, realizzato dal giornalista Mattia Feltri presso il Liceo Socrate di Roma martedì 30 gennaio, alla presenza di due classi di studenti del quinto anno, incentrato sul tema della guerra. Non è l'attualità l'argomento di cui lui vuole parlare. Gli avvenimenti, dice, ci vengono già raccontati nei minimi dettagli dai mezzi di comunicazione, quello di cui non parlano, invece, sono le motivazioni che spingono l'uomo a comportarsi in questo modo violento e disumano. E allora quale ragione spinge l'uomo a scatenare la guerra, quale istinto ancestrale lo orienta all'uso della forza, quando è avvenuta la prima guerra, domande alle quali Mattia Feltri cerca di dare una risposta analizzando testi che sono i pilastri della letteratura mondiale, quali 'Iliade' di Omero, 'Il poema della forza' di Simone Weil, I vangeli, 'Guerra e pace' di Lev Tolstoj ed altri più recenti quali 'Un anno sull'altipiano' di Emilio Lussu, 'La paura' di Federico De Roberto, 'Tempo di vivere, tempo di morire' di Erich Maria Remarque. Non sappiamo quando si è scatenata la prima guerra, dice sempre Mattia Feltri, ma sappiamo che la prima guerra testimoniata è avvenuta 10.000 anni fa in Kenya e lo possiamo dire grazie ai resti ritrovati di 27 persone, di cui 6 bambini e una donna incinta con le ossa fratturate. E qui il giornalista ricollega questo evento primordiale al film di Stanley Kubrik '2001 Odissea nello spazio', nel quale il regista mette in evidenza la nascita della forza distruttiva dell'uomo nel momento in cui uno dei due gruppi rivali di scimmie scopre che a loro è negata l'acqua di cui gode invece l'altro gruppo. Senso del possesso, incapacità di condividere, consapevolezza dell'ingiustizia, forse da ciascuno di questi motivi nasce quell'impeto irrefrenabile insito nella natura umana, che travalica essa stessa e non ci permette più di sapere chi ha ragione e chi ha torto. Mattia Feltri passa poi ad esaminare il testo di Simone Weil 'Il poema della forza' e si sofferma sull'aspetto messo in evidenza dall'autrice su come vada gestito il rapporto tra uomo e forza. Gli eroi dell'Iliade, sostiene l'autrice, combattono strenuamente gli uni contro gli altri, sentono l'esaltazione della gloria, ma non si rendono conto che tutto ciò è soggetto al capriccio degli dei, i quali danno sì agli uomini la forza, ma subito dopo se la riprendono, per cui essi stessi tornano ad essere più fragili di prima e a subire la stessa forza che hanno esercitato. Priamo, pur essendo un vinto, ha la forza di gettarsi ai piedi di Achille, chiedere indietro il corpo del figlio ucciso, Ettore, e ottenere che questo gli sia restituito. A questo punto la forza è uguale, sia quella di chi la esercita, sia quella di chi la subisce. Si arriva così ai romanzi di fine '800, nei quali il protagonista non è più l'uomo ma la storia, tutto è legato al caso, la forza sfugge di mano e l'uomo sa di non essere superiore agli altri esseri umani, sa di essere fragile. Infine i romanzi del '900 in cui si combattono le guerre, ma i personaggi rinunciano all'uso della forza, protagonisti erranti di un'umanità che ha perso il senso della vita. | |