Basta con la cronaca...
di Raffaella Grasso---19-04-2022 | |
E' da tempo che mi affollano la mente alcune considerazioni e mi dispiace essermi risolta a condividerle forse nel momento sbagliato, cioè durante una “crisi”, che è pericolo, ma auspico anche opportunità… Mi sono stufata della cronaca a discapito della visione; dell'inseguire i fatti e non prefigurarli; della ricorsa al placebo e non a comprendere i sintomi della malattia; della cultura emergenziale e non preventiva; della ricerca parossistica della differenziazione (iper personalizzazione) e non del sano compromesso propedeutico alla costruzione su terreni condivisi. Qualche esempio elementare di come vorrei si orientasse la narrazione di giornalisti, educatori, politici, la nostra… con l'intento sotteso di superare certe “impasse” mediante una visione strategica/di sistema e non tattica/opportunistica. Ecco alcune delle mie domande. Quanti figli devono ancora uccidere i genitori e quanti genitori i figli perché si parli seriamente dei rapporti familiari e delle dinamiche sottese? Per essere credibili, dovremmo parlare di famiglia 'prima', non in concomitanza di efferati delitti. Quante donne dovranno ancora morire o essere violentate perché si parli di sentimenti e non di sole sensazioni? Di fronte ad un tragico fatto di cronaca (oggi anche di guerra) dobbiamo essere dalla parte della vittima e basta. Ora resta il rammarico per il mancato impiego del tempo opportuno a fare educazione sentimentale e sessuale e a parlare di pudore e di pulsioni, di pace e del pericolo di guerra in tempi non ancora gravati da esiti nefasti di prevaricazione personale o collettiva. Non riusciamo a ipotizzare e disegnare il mondo che vorremmo? A perseguire un'utopia concreta? A farci il film del possibile o del probabile? C'è qualcuno che pensa alle conseguenze di una parola, di un gesto, di un silenzio? Niente di ciò che dico o faccio o non dico o non faccio lascia tutto immutato. Ci sono ricadute prevedibili ed altre no; ci sono impatti devastanti o troppo poco incisivi da analizzare. Ci siamo dimenticati delle interrelazioni. Non usiamo più le subordinate perché non abbiamo o non abbiamo rinnovato le nostre priorità. In troppi hanno snobbato la “teoria” e si sono improvvisati “praticoni”. Se di fronte a un terremoto, ci arrendiamo... dovremmo invece pensare, prima di un'inondazione, se ho costruito (e perché) sull'argine del fiume. E vorrei si parlasse di ecologia ambientale e di corruzione prima dell’inondazione perché - nel caso - dovremmo ormai solo 'fare' e non più filosofare... Dovremmo avvertire per tempo la puzza della guerra e parlarne prima che deflaghi, non dopo con ospiti da salotto e specialisti dei talk show. Perché non si impara dagli errori? Forse perché è più facile assolvere - poi - tutti piuttosto che aver compreso - per tempo - le responsabilità individuali e collettive. | |