Spunti di dibattito
di Raffaella Grasso---25-03-2022 | |
Il post di Alberto mi ha indotto la lettura del citato articolo sul Foglio e il desiderio di condividere qualche personale riflessione sulla Supplica per la Pace L’articoletto del Foglio tocca vari tasti con l’intento di colpire qua e là e non di approfondire, di non ascoltare la portata della preghiera del Papa, riducendo il tutto alle nostre categorie e di più alle idee che il Foglio porta avanti e alle quali cerca di ricondurre ogni situazione e/o accadimento per confermarle. Misere cose. Ho letto e meditato la Supplica che oggi verrà recitata in comunione con il Papa in tutte le chiese del mondo. L’approccio del Papa e della Chiesa (“Chiesa” non è una brutta parola per coloro che si sentono membra inadeguate ma insostituibili di essa) è per sua natura ecumenico e ogni suo messaggio, che si rifà ai valori fondativi del riconoscerci tutti fratelli davanti all’unico Padre, è portatore di pace. Tradotto con laico minimalismo: “Il Papa fa il suo mestiere”. Peraltro noto che il Papa, dopo l’Angelus del 13 marzo ha fatto anche esplicito riferimento alla Costituzione italiana (art.11), ma ovviamente per i giornali italiani questo è marginale o pleonastico. Da un punto di vista 'formale', il testo non blandisce gli 'ex…', coloro che erano qualcuno (la sindrome del pensionato) e la sanno più lunga degli altri, gli irriducibili del 'latinorum' ma incarna la Parola così che le citazioni dal Vangelo risultano così connaturate da non sembrare più tali e ciò proprio nel giorno dell'Annunciazione in cui la natura divina e la natura umana di Dio si uniscono. Mi rendo conto che ciò è troppo per chi deve marcare sempre una distanza per ricongiungersi sempre a punti di riferimento statici: io qua, tu là, Dio lassù... che non vivono la dinamica cristiana della fede come inquieto movimento. Il testo esprime con parole essenziali, e direi quasi scarne, concetti profondi che rimandano all’antropologia umana e ad un rapporto adulto con il trascendente, distanti dall’ampollosità delle parole accademiche e/o meramente ad effetto. Quanto al presunto riferimento “femminista”, auguro ad ognuno di noi di aver accanto almeno una persona amica capace di pre-venire le nostre necessità e in grado di farsene carico per esaudirle, fino a anticipare l’intervento di Dio… [nello specifico: la preoccupazione di Maria che – alle nozze di Cana – si accorge e sollecita attenzione per gli ospiti che “non hanno più vino”]. Da un punto di vista politico io sto sempre (e difendo come posso) dalla parte dell'aggredito. Allo stesso modo come sto dalla parte della vittima di una violenza personale. Sono per l’umanità, la fratellanza, l'uguaglianza e per la pace, che cerco di perseguire nell'ordinario e non nell'emergenza, quando appare più opportunistico e strumentale, praticando l’ipocrisia di chi a parole vuole la pace sulla pelle (morte?) dell’altro. | |