Risalire la classifica nel Gender equality
di Maria Grazia Rossilli---28-02-2022 | |
Lo scorso agosto il governo ha approvato la 'Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026' che è una delle linee di impegno nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ed indica priorità, obiettivi e strumenti per promuovere le opportunità delle donne e la conseguente modernizzazione della società. Obbiettivo della strategia è di risalire la classifica nel Gender equality index annuale dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (Eige), partendo dall'attuale 14º posto, per arrivare in dieci anni a collocare l'Italia tra i primi dieci paesi europei. A questo scopo vengono definiti i target da raggiungere nei primi 5 anni nelle aree prioritarie di lavoro, tempo, reddito, competenze, potere. Positiva è la previsione di un approccio politico trasversale alle aree economico-socio-culturali mediante la predisposizione di adeguati strumenti e un nuovo impulso alle esperienze di bilancio di genere. L'obiettivo principale è di aumentare l'occupazione femminile soprattutto mediante sgravi fiscali e decontribuzioni per le imprese, oltre che attraverso una quota del 30% nell'occupazione aggiuntiva prodotta dai progetti del PNRR. Allo scopo di ridurre il gender gap salariale è già stata approvata una nuova legge che si concentra su una migliore trasparenza retributiva. Una particolare attenzione il piano riserva al potenziamento della presenza di studentesse nell'ambito delle discipline STEM (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica). Si prevede poi che il congedo di paternità obbligatorio di dieci giorni diventi strutturale. Rispetto alla promozione delle donne ai livelli dirigenziali si propone infine di migliorare la legislazione esistente sui requisiti di parità nelle nelle liste elettorali. L'aspetto più problematico della Strategia riguarda gli obiettivi e gli strumenti relativi alla crescita dell'occupazione femminile, insufficienti in quantità e qualità, tanto più che la maggioranza degli investimenti del PNRR riguarda settori a scarsa presenza femminile. Non si considera inoltre che la stragrande maggioranza dei nuovi contratti delle lavoratrici è a tempo determinato né l'enormità del lavoro part time involontario e del precariato. | |