Storia della risata femminile
di Carlo Corridoni---13-01-2022 | |
Ho letto d'un fiato l'articolo selezionato nella Rassegna stampa, e mi compiaccio per la scelta proposta. Per natura e per cultura considero una vera e propria menomazione la mancanza di spirito, che, a mio modo di vedere, non consente mai rapporti corretti. Sia col prossimo che - peggio - con se stessi. Mi viene da pensare al venerabile Jorge, del Nome della Rosa, che distrugge il fantomatico 'De risu' dopo averne avvelenate le pagine, che avrebbero avvelenato a loro volta le menti dei frati attraverso l'ilarità. E quel terrorista arriva ad avvelenarsi di quello stesso veleno, come per contrappasso. Amen! Io non dimentico la morte destinata a Malachia, che difendeva la caricatura, attraverso la quale si poteva acquisire la ''conoscenza per deformazione''. Jorge sosteneva, mi pare, che Gesù non avesse mai sorriso in vita sua (una cosa che, immodestamente, mi pare proprio ardua da dimostrare). Nel corso della vita ho incontrato molte persone incapaci di ridere e, peggio, di sorridere (perché, se esistono molti motivi per essere tristi, molti di più sono quelli per manifestare l'allegria o, almeno, la relativa disposizione d'animo). Da bambino, c'era in famiglia una triste persona ritenuta da tutti eccezionalmente 'buona'. Questa persona non si era mai vista, non dico sorridere, ma neanche avere un'espressione 'normale': sempre affranta per tutte le cose che avrebbero afflitto per suo tramite i primi vicini. In coda alle periodiche riunioni famigliari, io venivo spesso punito perché, diffidando di lei, non le avevo dedicato il rispetto dovuto. A cominciare dal saluto col bacetto. Infatti la temevo e rifuggivo naturalmente la sua triste figura, alla quale devo purtroppo il pregiudizio che conservo ancora verso i tristi-costituzionali. Impedire alle bambine di ridere è una forma di violenza non cruenta ma non dissimile all'infibulazione, come viene esplicitamente adombrato nell'articolo. Impedire comunque alle donne il benessere intimo e la soddisfazione nelle loro più elementari accezioni! Un detto, un aforisma, ancora praticato nella campagna romana diceva che 'le donne sono fatte col maleppeggio' (quel picconcino dai due taglienti, uno verticale l'altro orizzontale) proprio per significare le due aperture che le contraddistinguerebbero ... Aperture da tenere ferocemente a bada. E gli uomini, come si collocano gli uomini, davanti a questa consuetudine che, per quanto culturale, non si può certo ritenere antropologica? Io, fin da ragazzo, quando ero alla ricerca di rapporti, dei primi contatti con le ragazze, cercavo di vederle sorridere e facevo come Adriano Celentano nella celebre canzone da spiaggia, ma conoscevo anche molti ragazzi che erano, invece, 'svelti di mano', e che pensavano così di esibire (o almeno accreditare) la loro 'sicurezza di sé' e la 'padronanza'. Penso ancora che fra questi due poli si distribuiscano gran parte dei comportamenti c.d. virili: i conviviali e i passionali. E molti maschi penso che restino prigionieri della scelta peggiore. Fra i canti militareschi, purtroppo patrimonio di una cultura pseudopatriottica, un coro alpino recita: ... su pei monti, su pei monti dove saremo coglieremo coglieremo le stelle alpine per donarle per donarle alle bambine farle piangere farle piangere e sospirar ... (Oilì, oilà! Ooi-lalaà!) Ecco le donne destinate al pianto fin da ragazze, e che - ovviamente - continueranno a piangere da madri i loro ragazzi massacrati ... Diceva bene, Renato Carosone: ''... e a mme chemmé n'emporta! E a mme chemmé n'emporta''! Grazie: approfondirò la bibliografia. | |