C'era una volta 'le due culture'
di Carlo Corridoni---12-12-2021 | |
La prima micidiale dissezione della 'cultura' viene praticata a 'scuola': la Grammatica da una parte e l'Aritmetica dall'altra. Come se questi 'diversi' apprendimenti coinvolgessero parti diverse della cognitività umana ... Poi, a casa, si verifica il completamento dell'opera disorganizzatrice: vale più un'oncia de Pratica de tutta la Grammatica. Per non dire, ancora, del Coronamento dell'opera vivisezionatrice da parte delle ulteriori istruzioni religiose. Che vogliamo, ma - soprattutto - che cosa possiamo fare? Io suggerirei la vecchia formula della discussione: Tesi-Antitesi-Sintesi. Vale a dire, attiverei la prima processualità della dialettica, il primo motore di ragionamento collettivo, al quale il CoViD pare opporsi nello spirito e nella lettera ... Forse, la Cultura - senza virgolette e con l'iniziale maiuscola - è fatta così: consiste inerentemente della specializzazione divisiva dei saperi e delle concezioni, delle opposte concettualizzazioni di vite e di vissuti. Chi lo sa? Chi può saperlo? Per non continuare su questo registro (che non padroneggio), voglio raccontare un paio di episodi realmente avvenuti nella Scuola di sessant'anni fa, quando l'Istruzione Tecnica si affacciò per la prima volta potentemente (!) sulla Formazione degli Italiani. Ancora non esisteva la Scuola Media Unica, sicché capitava di rado che gli studenti indirizzati agli studi classici si rivolgessero ai c.d. 'studi interessati' (come se il Liceo fosse stato 'disinteressato'). Il Professore di Elettronica, un brillante scienziato che pure si dedicava all'insegnamento, spiegava il funzionamento dell'oscilloscopio, un complesso strumento di misura, e scherzava sul fatto che questa macchina potesse essere astigmatica. ''E che! Je mettemo l'occhiali?'' Interloquì Ferrari-Rufino Giorgio. ''Il termine viene dal greco a-stigmè, alfa-sigma-tau-iota-gamma-mu-epsilon'' continuò il Prof. Cesare Merli, scrivendo la parola in lettere greche, col gesso alla lavagna. Tutti a ricopiare sugli appunti quei geroglifici misteriosi ... E continuò nella lezione che, chiaramente, era di Elettronica e non di Etimologia ... Il fatto è che quella scrittura ormai ci aveva turbato nelle nostre cognizioni scientifiche-tecniche: alfa poteva indicare un nucleo di Elio, sigma una sezione d'urto, tau una costante di tempo, mu una permeabilità magnetica, epsilon una costante dielettrica ... Insomma, tutti quei simboli evocavano un'inquietante tecnicalità dell'astigmatismo, che ci faceva piombare nel duplice baratro della nostra ignoranza. Ignoranza sia tecnica sia filologica! Fu allora che Ferrari-Rufino ardì di interrompere la lezione di elettronica con una domanda che dovette sembrargli intelligente: ''Scusi, Professore, non ho capito la formula dell'astigmatismo...'' Consentitemi di sorvolare sul ricordo di come reagì quel mio amato insegnante, che avrebbe - bontà sua - voluto vedermi diventare ... ingegnere. Un altro episodio sulla concettualizzazione di questioni tecniche riguarda il mio più astuto compagno di allora, Marcucci Renato. La professoressa aveva appena finito di spiegare il funzionamento di un apparato piuttosto complesso, quasi del tutto antintuitivo. Il silenzio attonito dell'aula fu rotto dall'invocazione di Marcucci: ''Non ho capito!''. La professoressa, senza porre tempo in mezzo, ripetè esattamente - con le stesse, identiche parole - la sua spiegazione dal principio alla fine, riferendosi al medesimo schema di supporto: ''Va bene, ora?'' ''Grazie, Professoressa. Anche se io avevo detto di non aver capito. Non di non aver sentito!'' Care cose a tutti e buona domenica! | |