Apocalittici (e integrati)
di Carlo Corridoni---09-12-2021 | |
Ieri ho comprato La Stampa. Non perché sia migliore di altri giornali, ché vanno quasi tutti soggetti - oggi come non mai - ad un appiattimento generale sull'ovvietà in ordine ai propri temi di elezione, ma perché avevo appena ascoltato, su Radio3, il contenuto delle sue pagine culturali. Mi accingevo, quindi, a leggere le belle pagine dedicate a Giorgio Parisi e ad Andrea Camilleri, quando adocchiavo due bellissimi articoli su Patrick Zaki e uno spassionato di Paola Mastrocola: LA SCUOLA NON UCCIDA IL TEMA D'ITALIANO I RAGAZZI HANNO BISOGNO DEL FOGLIO BIANCO E mi sono ricordato lo sgomento che mi pigliava da piccolo sulla pagina bianca, quando dovevo per forza scrivere quello che ci si aspettava da me. E dovevo dimostrare di aver studiato, di avere qualcosa da dire, poi l'opinione giusta, convincere di aver capito che valeva la pena capire, accettando che non si potesse scrivere esplicitamente 'non ho capito' e che contrastare la traccia significasse ammettere implicitamente di non aver capito. Passarono gli anni e incontrai finalmente insegnanti importanti inquantopersoneimportanti, sicché il mio horror vacui scomparve improvvisamente e da allora rivendico il diritto universale di usufruire di pagine bianche in ogni momento dell'esistenza in vita, fino all'invecchiamento attivo, compreso. Ecco: la pagina bianca mi è servita nel momento stesso che diventava un piacere per me esprimere le mie idee: per esporle pianamente, prima di tutto a me stesso, per difenderle dalle mie contraddizioni medesime: per offrirle all'onesta confutazione di sodali e di avversari, per dare forma ai pensieri che - di per sé - non avrebbero mai lasciato una traccia. Per quello che potesse pure valere ... La pagina bianca, tutta da strutturare, possibilmente libera perfino di righe e di quadretti che non siano esclusivamente 'geometrici', per poter dire le cose nelle forme ritenute più acconce. Per dare forme adatte ai contenuti scelti. A scuola, il pericolo maggiore della tecnologia culturale trionfante - non della cultura tecnologica, che è cosa ben diversa - consiste nel sempre più frequente ricorso al 'modulo' da compilare anche in classe, che sia leggibile automaticamente (rispettando un algoritmo) e al sicuro di arbitrarie interpretazioni. Interpretazioni, beninteso, sempre possibili sia da parte del compilatore (sbagli) sia da parte del correttore (errori). Detto questo, espressa questa convinzione libertaria, guadagnata a prezzi significativi, occorre - però - essere sinceri con gli studenti e avvertirli come questa passione per la pagina bianca comporti pure alti costi. Mostrare loro come acquisire e mantenere questa passione, equivalga a considerare per la vita ogni propria espressione scritta un manifesto, una dichiarazione d'intenti. Prima ho scritto dei prezzi ed ora dei costi, perché cavarsela con la pagina bianca implica dimestichezza con la complessità ed esercizio di semplificazione: rifiuto del compromesso e intrinseca avversione all'ambiguità. Cose che, invece, sono tutte inerenti alla carta non bianca. La presente perorazione della pagina bianca non è avversa alle metodologie didattiche di Istruzione modulare o alle relative prove strutturate, dimostratesi ormai da anni le più efficaci nelle verifiche diagnostiche di apprendimento, e che potrebbero anche non avvalersi di supporti 'cartacei', e, quindi, a fortiori, solo metaforicamente bianchi! Penso, anzi, che il concetto di 'pagina bianca', nell'accezione suesposta della perifrasi, possa anche estendersi a supporti tecnologici un po' più evoluti nella fattispecie tecnologica, che solo inizialmente era cartacea: mi riferisco ai pacchetti Office, a Power Point e ad Excell, a ipertesti, tutti strumenti che permettono la comunicazione più pregnante e significativa ora possibile, solo che si decida di praticarla ... In questo, avverto nella difesa ad oltranza del 'Tema di Italiano' un che di 'Integrato', che con la 'pagina bianca' della Mastrocola potrebbe non avere niente a che vedere. Insomma: quel 'Tema' che mi sgomentava da piccolo, infatti, non mi collocava in mezzo ad una piazza vuota, in un'Agorà nella quale avrei potuto bene orientarmi, ma piuttosto in un labirinto nel quale avrei dovuto districarmi applicando regole educative più che utilmente istruttive. La rivelazione delle nostre pretese di pertinenza della prova scritta vada, quindi, a quanto di apocalittico si scorge ancora nella pagina bianca, che assurgerebbe ad una nuova metodologia didattica, con l'immediata rispondenza sul piano della verifica di competenze. Scusate la lungaggine. | |