Quelle minoranze Lgbtqi+
di Rosy Ciardullo---07-07-2021 | |
L’argomento di punta nel dibattito del paese è il Ddl Zan. Come se le coscienze addormentate su tante questioni, trovassero di colpo il pretesto oltre che il coraggio di reagire e il collante per solidarizzare sulla questione antidiscriminatoria che colpisce soprattutto i giovani. Sia sul lavoro che nelle scuole, che sui social sostanzialmente per l’orientamento sessuale. La società e i costumi stanno cambiando e la sessualità è definita liquida, le differenze evanescenti. Per i giovani, molto sensibilizzati, trattasi di un dibattito di retroguardia che si rivela incomprensibile ed antidiluviano nel contesto in cui vivono, amano e si relazionano senza confini ideologici e rigidità culturali. Molti gravi episodi: suicidi, pestaggi, omicidi, sconfinamenti nei social di comportamenti e atteggiamenti filmati, pronti per la gogna, sono accaduti in questi ultimi mesi. E se non si pone un limite giuridico all’intolleranza e all’odio, i prossimi fatti che accadranno rimarranno ancora impuniti. Il Ddl Zan, va inteso in chiave antidiscriminazione ed antiviolenza. Vuole introdurre all’art.604 bis del codice penale delle norme a tutela di quella comunità identificata col nome di Lgbtqi + (acronimo di lesbica, gay, bisessuale, transgender, queer, intersessuale e asessuale, mentre il +segnala altre possibili aggiunte all’elenco).Una Legge peraltro non in contrasto con la Costituzione, che all’art.3 parla di uguaglianza tra gli esseri umani al di là di ogni differenza di opinioni, socio-economica, sessuale, religiosa. Gli Lgbtqi+ fanno bene a nominarsi per esistere e a muoversi in un perimetro largo di rivendicazioni per difendere quel rispetto che ogni essere umano merita. La loro libertà è quella di tutti, anche delle donne che storicamente dalle restrizioni di orizzonte non hanno mai guadagnato granché. Va chiarito che il Ddl Zan non snatura l’identità di genere, il miglior frutto del pensiero delle donne, nato negli Anni ’70, che poneva la necessità del riconoscimento della specificità del pensiero delle donne. Come base per un costrutto socio-economico e politico, in cui diritti e libertà femminili identificassero l’altro sesso con pari dignità e cittadinanza. Queste idee camminarono e cambiarono il costume. E simbolicamente le aspirazioni e quel desiderio di realizzazione molte lo perseguirono e giunsero al risultato. La Convenzione di Istambul, le proteste delle donne egiziane, ucraine, turche e iraniane, non solo italiane, attingono alla vastità, ancora adesso, di quel pensiero della differenza di genere, a quella matrice che diede la stura ad altre destrutturazioni del pensiero unico universale. Segnò la tappa più importante del femminismo di 50 anni fa. L’identità di genere nasce molto prima del Ddl Zan ed è intangibile comunque. Ma perché la destra, da posizioni omofobe e misogine, incardinata in un simbolico antico, e per altri per questioni di cordate e opportunismi politici, stanno facendo muro contro questa Legge, se introduce soltanto norme antidiscriminatorie per le minoranze? Mi viene da pensare che la risposta stia nell’incapacità e nell’impossibilità in molta parte del paese di sostenere quel sentimento di libertà che si diffonde tra gli esseri umani quando si sentono liberi dalla paura e dal controllo esercitato su di essi da altri. E che può essere garantito solo dall’uguaglianza nella sua massima espressione quando è tutelata dalle leggi dello Stato. Ovviamente, se in Senato la Legge rischia di non passare, Renzi avrebbe una parte di ragione perché finalizzato a portare a casa qualche risultato evitando di vanificare quanto è stato fatto fino ad ora. In questo consiste il suo tentativo di spingere le altre forze politiche ad accettare almeno la versione di Scalfarotto del 2013. Non siamo un paese pragmatico che fa quel che deve ma litigioso ed inconcludente con la sindrome del pollaio. Pertanto si potrebbe adottare per adesso anche la prima stesura che si potrebbe rivelare una buona base di partenza. Almeno molti comportamenti potrebbero essere regolati già fin da ora. In Francia e Spagna, in questi giorni, hanno preso atto e normato già molti di questi aspetti garantendo ad ognuno il diritto di scegliere come vuole vivere la propria vita. Dimostrando ancora una volta di essere più laici e più disponibili di noi ad accettare realtà e modernità. | |