Il Nobel per la Pace al Wfp : un segnale importante in un momento difficile
di Marina Izzo---09-10-2020 | |
Lasciatemi dire che la notizia dell'assegnazione del Premio Nobel 2020 per la Pace al Programma Alimentare Mondiale (World Food Programme-Wfp) delle Nazioni Unite è una delle più belle di quest'anno così tribolato. Lo è, prima di tutto, perché viene dato il giusto riconoscimento a coloro i quali, con il loro lavoro, consentono l'accesso al cibo da parte di popolazioni che si trovano in situazioni di altissima emergenza (carestie, guerre, disastri naturali), nelle quali la sicurezza alimentare è posta gravemente a rischio. Inoltre, sono convinta che, con la scelta di un soggetto come il Wfp, il Comitato per il Nobel abbia voluto veicolare un messaggio ancora più profondo. Primo, il bisogno di ridare importanza all'azione multilaterale in ogni campo: economico, sociale, politico, culturale, dopo che, sotto la spinta dei movimenti populisti e nazionalisti, le istituzioni internazionali si sono trovate a fronteggiare una significativa carenza di fondi, spesso inadeguati per portare avanti i propri programmi, così come sottolineato dalla presidente del Comitato, Berit Reiss-Andersen. Secondo, questa nomina sottolinea la necessità di affrontare quanto prima il tema della sicurezza alimentare a livello mondiale, sicurezza messa ancora di più a rischio dalla pandemia, che ha sconvolto le tradizionali filiere di produzione (in primis, nei paesi in via di sviluppo, ma non solo in quelli) e che ha avuto- e sta ancora avendo -impatti molteplici sia sulla produzione sia sull'accesso al cibo (senza contare l'effetto moltiplicatore sulla povertà causato dalla perdita dei posti di lavoro nei settori agricoli dei paesi più poveri). Ripensare la resilienza dei nostri sistemi alimentari (nostri, sì, perché le catene di valore ormai sono globali) agli shock esterni è una delle sfide post Covid su cui dobbiamo iniziare a ragionare fin da ora. Ultimo, ma non per importanza, il Wfp, insieme alle altre due agenzie, FAO e IFAD, che formano il cosiddetto polo agro alimentare delle Nazioni Unite, ha sede a Roma. Forse è ora che la Capitale abbia uno scatto d'orgoglio e si ricordi di essere al centro di uno dei temi strategici della governance globale dei prossimi decenni: la lotta alla fame nel mondo (SDG2 Agenda 2030).
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