Auto nuova e customer satisfaction
di Mara Gasbarrone---06-10-2020 | |
E finalmente, dopo neanche dieci giorni di attesa, ieri ho ritirato la mia nuova auto, un’utilitaria ibrida. Non mi chiedete il modello, perché non faccio pubblicità, né positiva né negativa (ci sono entrambe, come vedrete). Prima di raccontarvi di com’è leggero il volante, grazie al nuovo servosterzo, di come si può parcheggiare meglio con una macchina 40 cm più corta della precedente, di com’è silenziosa perché il motore a benzina si spegne quando ti fermi al semaforo, vi devo descrivere meglio le mie disavventure di anziana guidatrice con esperienza pluridecennale, alle prese con consulenti e venditori sempre gentili, ma del tutto ignari delle usanze della generazione precedente. Il consulente principale mi ha detto di portare con me libretto di circolazione e certificato di proprietà della macchina precedente. Oltre che la macchina medesima, da rottamare (e caleremo un velo pietoso su un certo disagio a separarci da una macchina con cui abbiamo passato insieme oltre 10 anni, portandoci sopra persone care che ora non ci sono più. Amen). Panico: ma che cosa sarà mai il certificato di proprietà? Mai posseduto. E ammesso che esista, dove sarà, visto che sono un po’ disordinata, e sono passati tanti anni dall’ultimo passaggio di proprietà. Con i miei sensi di colpa, non faccio l'unica cosa sensata: mi vergogno troppo per chiederlo al suddetto venditore. Uscita dalla sede, chi mi accompagna ha la brillante intuizione “E’ il foglio complementare!”. Ma da quando gli hanno cambiato nome, senza dirmi niente? Ieri, il momento decisivo: però bisogna meritarsela, questa benedetta macchina. All’assicurazione l’avevano fatta facile: “vedrà che la scatola nera gliela levano loro dalla vecchia macchina e la mettono su quella nuova”. Non è stato così. E tra una firma e l’altra, un documento e l’altro, ogni tanto dovevo tornare alla carica con la scatola nera, perché nessuno se ne voleva occupare e soprattutto voleva prendersi la responsabilità. Insomma, abbiamo fatto finta che l’ho tolta io, anche se non so neanche manovrare un cacciavite. Una volta consegnatami la macchina, cinque minuti fitti di “istruzioni” in cui mi hanno trasferito una quarantina di informazioni, per lo più dimenticate. Insomma, ci sono voluti due semafori rossi per capire dove si alzavano i cristalli dei finestrini. Se pioveva, avevo tempo di farmi la doccia. Più altre cose che vi risparmio. In compenso mi hanno dato un libretto di istruzioni che devo ancora aprire, ma che studierò attentamente. Domanda: ma un video su internet, magari mandato sulla mail o sul whatsapp, in cui si fa vedere dove sta il comando alzacristalli, non potevano farlo? Così: una di quelle cose moderne che tanti giovani sanno fare. Utile anche per passare il tempo nelle file di attesa. Certo il Covid non aiuta. Prove su strada di questi tempi non si fanno (poi bisognerebbe sanificare tutto). Scambi informativi con la mascherina e col distanziamento sociale sono problematici con quelli duri d’orecchio, sia tra i clienti, sia tra gli addetti. Viene spontaneo avvicinarsi al plexiglass e urlare, come non si deve fare. Tanto è vero che sono incerta se accettare una mezzora riparativa di istruzioni che mi hanno proposto, dopo che l’indagine telefonica di stamattina sulla mia customer satisfaction aveva dato risultati un po’ dubbi. Col rischio contagio, forse meglio rimanere un po' ignoranti. | |