Perché questo malcelato fastidio contro chi pone questioni di genere?
di Lucia Fattori---21-05-2020 | |
Un interessante intervento di Vera Gheno che merita di essere segnalato. C'è, secondo me, un fraintendimento in circolazione: che le questioni di genere siano una sorta di lusso da riservare ai momenti in cui non ci sono altri problemi in ballo. Sicuramente sono di parte in quanto donna, madre, professionista, con il mio bel cestello di situazioni di discriminazione all'attivo (no, non immaginarie, ma reali, credetemi sulla parola); ciononostante, penso che sia necessario tenere la guardia alta anche sulle istanze apparentemente banali, irrilevanti, 'pelonelluoviste', anche quando I Problemi Sono Ben Altri. Ho visto reazioni scomposte quando qualcunə ha avuto l'ardire di notare che le settordici autocertificazioni erano sempre declinate al maschile, o quando è stata commentata la notizia che Mogherini è diventata 'rettore donna' del collegio di Bruges (e se anche fosse lei a esigere il maschile, questo non toglie che Houston, abbiamo un problema); qualche giorno fa, un mio contatto (di sesso maschile) ha avuto da obiettare sull'ennesimo #manel (cioè panel di soli uomini, senza nemmeno *una* donna) a un grande evento nazionale, e la replica è stata che da parte sua era tutta una manovra per mettersi in mostra; non più tardi di stamattina, nel notare che Repubblica ha affidato a #tuttimaschi la narrazione del reportage sull'ora zero della pandemia, di nuovo spallucce. I Problemi, per l'appunto, Sono Ben Altri. Se siamo sottorappresentate, è perché Evidentemente Siamo Meno Numerose, Meno Brave, Meno In Vista. 'Ho chiamato alcune donne, ma non potevano'. E se protestiamo? Gli aggettivi più usati per le donne sono 'pedante', 'maestrina', 'isterica', piccata', dimenticavo 'petulante'; se lo fa un maschio, è a sua volta alla ricerca di attenzioni da parte femminile ('il solito white knight', ho letto in una recensione a un libro di Lorenzo Gasparrini, filosofo femminista). Ora. Io non sono troppo spaventata dal cosiddetto 'patriarcato esplicito', perché alla fin fine è più facile da riconoscere. Penso che la maggior parte delle persone che conosco non si definirebbe mai maschilista o 'antifemminista' (tranne qualche raro caso, d'accordo: le eccezioni ci sono sempre). Eppure, spesso la replica a questo tipo di obiezioni è 'guarda che sbagli, sono in buona fede', 'ti garantisco che lì dentro nessuno è maschilista', 'mica l'hanno fatto apposta'. Mi chiedo se oggigiorno ci si possa trincerare dietro a un 'non lo hanno fatto apposta', o se questo possa non essere sufficiente come giustificazione. A me, da madre, donna lavoratrice e tutto il resto, pare evidente che ci sia ancora molta strada da fare, da parte femminile, per avere la possibilità di arrivare ovunque, senza soffitti di cristallo, senza pregiudizi e forse, un giorno, senza attenzioni speciali. Per il momento, penso che occorra davvero avere un occhio di attenzione in più per le situazioni in cui è facile cadere nella discriminazione, anche quando non voluta. Il mio approccio parte sempre dalle parole. Anche io, che questa materia la studio (anche se non sono esperta quanto altri), quando non sto attenta, sbaglio. Ma l'importante, secondo me, è parlarne tutti assieme, in una prospettiva costruttiva. Non è un maschi contro femmine o un femmine contro maschi. Casomai, sento l'esigenza di chiedere a tutti di porsi una domanda: come mai, in tanti casi, la reazione è di malcelato fastidio? Che cosa racconta di noi, e dell'istanza femminile e femminista, questa reazione? z/font> | |