Dal punto di vista del PD.....ma non solo
di Carlo Mari---06-09-2019 | |
Premetto. Questa soluzione alla crisi di governo probabilmente era opportuna. E l’azzardo andava pur giocato, la carta alleanza PD/5stelle arrischiata. L’emergenza salviniana - politica, culturale e istituzionale - da affrontare e rimuovere (almeno per ora) era una priorità. OK. Ci sto. Però ci sta anche che nel giocare la partita ci fosse un po’ più di accortezza e lungimiranza da parte del PD, che avrebbe probabilmente dato più solidità non solo al PD, ma al governo stesso, che con questo profilo nasce traballante, esposto ai venti della facile critica non solo della opposizione, ma del medesimo fronte interno. Eh sì, perché quando non c’è equilibrio fra contraenti, ed il tasso complessivo di autorevolezza è modesto, la fragilità regna sovrana. Il movimento 5 stelle è stato abilissimo nella sua tattica, sia mediatica che dietro le quinte. Si dirà: è il partito di maggioranza relativa ed è giusto che abbia dato le carte. Certamente. Il quadro politico e il peso elettorale dei partiti però è molto diverso da quello emerso il 4 marzo 2018. I pentastellati ridimensionati, il PD in qualche ripresa, la destra forza pesantemente maggioritaria nel paese. E dunque anche l’interesse di “liberarsi” di Salvini e cercare una nuova strada era comune…. e paritario. Ma come abilità tattica, fra PD e 5stelle non c’è partita. E’ come un incontro a scacchi fra un professionista smaliziato (M5S) ed un principiante imbranato (PD). E non è neppure da escludere che la valutazione del ruolo e del peso dei ministeri sia nel PD ancorata a parametri vecchissimi, novecenteschi. Perché penso che il M5S nel dare le carte si sia assicurato il pacchetto migliore? Intanto Palazzo Chigi. Il PD ne è fuori. Il Premier è di area pentastellata. Il sottosegretario unico alla Presidenza del Consiglio (Fraccaro) è 5stelle D.O.C., anzi uno degli uomini di punta della linea: superiamo la democrazia rappresentativa e andiamo verso quella “diretta”. I rapporti col Parlamento sono appannaggio dei 5stelle. Niente vicepremier. Siamo sicuri che il tira e molla di Di Maio per il vicepremierato non fosse tattico? Il risultato (cavalcato imprudentemente dal PD) è stato: nessun vicepremier. Eppure, anche a costo di lasciare un posto da vicepremier a Di Maio, un vicepremier PD sarebbe stato una importante enclave democratica nel total-giallo di Palazzo Chigi, ora roccaforte tutta pentastellata. Gli Esteri (superministero che conta) a Di Maio. I ministeri di spesa (e quindi di consenso) ancora e solo ai 5stelle: Sviluppo Economico e Lavoro (peraltro quest’ultimo ad una gialla d’assalto, madrina e magna pars della legge sul reddito di cittadinanza). E ai cinque stelle anche l’Istruzione che (a parte la sua importanza strategica) è comunque un Ministero di consensi in quantità industriale: da gestire o da conquistare (con un po’ di abile politica del personale), e che – per carità - certamente puoi anche perdere a raffica come il PD con la “buonascuola” è riuscito a fare. E poi - fondamentale - il pacchetto dei ministeri che, insieme a MISE e Lavoro, si occupano di innovazione, tecnologia, rapporti Stato/cittadini: Pubblica Amministrazione (la Dadone, una grillina D.O.C., non a caso relatrice della proposta di legge per il superpentastellato e casaleggese referendum propositivo) e Innovazione (la Pisano, certo non pentastellata DOC, ma pupilla di Di Maio, che la avrebbe voluta anche al Parlamento Europeo). Insomma l’intera partita – superstrategica – della digitalizzazione della società italiana (cioè Italia proiettata nel futuro, o no?) tutta nelle mani dei 5stelle. E da non sottovalutare lo Sport, ministero che può far sorridere qualcuno, ma che da anni è vero e proprio ministero di potere e di forte impatto mediatico. Non a caso ci sono passate figure di primissimo piano del PD (Lotti) e della Lega (Giorgetti). E non a caso ci è andato Vincenzo Spadafora, figura di primissimo piano nella galassia 5stelle. Per non parlare della conferma di Bonafede alla Giustizia, grosso nodo che potrebbe far fibrillare non poco il Governo se continuerà a portare avanti la sua battaglia giustizialista - vogliamo dire? - da non appassionato dello Stato di diritto! E di Sergio Costa all’Ambiente, altro ministero strategico per lo sviluppo e la modernizzazione del paese. Insomma i 5stelle non hanno mollato di un millimetro rispetto a quello che volevano prendersi e che ritenevano strategico (da bravo consapevole movimento 2.0: complimenti sinceri). In compenso, si dice, il PD, partito che in Parlamento ha pur sempre la metà dei seggi dei 5stelle, ha ottenuto il Ministero della Difesa! oggi come oggi, in Italia, di fatto Ministero con più nome che potere, tutt’altro che portatore di consensi elettorali. Una controprova? L’abile Dario Franceschini, destinato a quel dicastero fino all’ultimo, ha preferito tornare alla Cultura, ministero attualmente di maggior impatto come potere, immagine e consensi. Semmai mi sembra più confortante aver recuperato Pari Opportunità e Famiglia con la stimabilissima Elena Bonetti, togliendolo all’integralismo oscurantista. E poi, il colpo di teatro: al PD è andato il pacchetto che riguarda l’Europa (cui ormai ascriverei anche il dicastero dell’agricoltura, di Teresa Bellanova). Per carità, noi europeisti siamo felici e rassicurati da questo ruolo del PD, ma qui stiamo cercando di valutare “tecnicamente” gli equilibri nel profilo del nuovo governo. E manca pur sempre la Farnesina, non dimentichiamolo; e non può essere casuale che la prima dichiarazione di Di Maio neo ministro degli Esteri, sia stata dedicata con forza – anche molto giustamente - all’Europa e al trattato di Dublino. E comunque non nascondiamocelo, l’Europa è terreno politico scivolosissimo, e molto impopolare. Non illudiamoci: la maggioranza degli italiani sarà pure europeista, ma non ama la U.E. . Se i nuovi ministri (e il Commissario Gentiloni) riusciranno a portare a casa dall’Europa risultati e concessioni importanti, concrete e visibili, il calcolo – a mio avviso – ambiguo e furbetto dei 5stelle si rivelerà sbagliato. Ma se ci saranno difficoltà, con gli altri paesi europei tutti invischiati in proprie criticità, il fallimento anche parziale con la UE sarà in testa al PD. I 5stelle lo scaricheranno addosso ai democratici; e Salvini ci sguazzerà. E poi il ministero della Economia a Gualtieri. Certo nota positiva: Gualtieri è veramente bravo; ed ha un eccellente ed utilissimo feeling – trasversale - con Bruxelles. Potrebbe essere davvero la chiave di volta per il PD neo governativo. E il Tesoro detiene indubbiamente i cordoni della borsa. Ma come tutti i ministri del Tesoro storicamente sanno, se i cordoni della borsa li tengono stretti, gli altri Ministri e partiti li sbranano. Se li allentano, li sbranano i conti pubblici. Insomma come fanno, sbagliano. E poi, diciamolo chiaramente. Il ministro dell’Economia si dovrà sorbire, probabilmente in drammatica solitudine, il carico della manovra di bilancio. Che sarà difficilissima. Se si lancerà a farla in deficit, saranno guai per l’Italia a venire; se la farà rigorosa, saranno in qualche misura lacrime e sangue. E comunque, ad essere ottimisti, sarà quanto meno una manovra impopolare. I 5stelle scaricheranno il tutto addosso a PD, Gualtieri ed odiati tecnici del Ministero. Non a caso, era una manovra che nessuno, ma proprio nessuno voleva fare. E la farà il PD assumendosene – gli piaccia o no – la responsabilità. Che prevedibilmente non porterà consensi. Insomma, un governo abilmente dipinto di giallo. E, ciliegina sulla torta, con dentro pure LeU (con cui la corrispondenza di amorosi sensi del PD mi sembra persino inferiore a quella coi 5stelle). Almeno ci si fosse giocata la “carta” LeU di una figura nuova e brillante (Rossella Muroni)! E a complicare il quadro la imprevedibile componente di Emiliano agli strategici affari regionali. Occorre un miracolo perché il PD esca bene da questa esperienza governativa. Però, chissà, forse sarà sufficiente una grande abilità di lavoro della squadra democratica al governo, e della squadra democratica rimasta al Partito, con Zingaretti in testa, e tutti i “big”, tranne Franceschini, preoccupantemente fuori dal governo. E con Renzi, che già ha manifestato perplessità sulla composizione della squadra (e ad ottobre si terrà la “Leopolda”). Aveva sollecitato, non a torto, ministri (tutti, democratici e grillini) di alto profilo, per dare – ad opinione pubblica, partners internazionali e mercati - un segnale di grande carisma e competenza (alla Cantone, per intendersi). E invece è uscita una squadra tutt’affatto diversa, forse inadeguata per carisma e professionalità amministrativa. Insomma le preoccupazioni sono legittime. Dopodiché la “speranza” (non Roberto) è l’ultima a morire, e il mio innato ottimismo mi induce a nutrire fiducia in un colpo d’ala. Sì, un colpo d’ala della rappresentanza democratica al governo; ed anche dei pentastellati. Chissà che non decidano di mettersi a governare in modo illuminato, invece che demagogico e decrescista. In fondo non ci si è liberati solo di Salvini. Ma anche del buon Toninelli, di Giulia Grillo, di Barbara Lezzi e (forse) di Laura Castelli, quattro fra i risultati più entusiasmanti della crisi di governo (anche per il M5S !!!). E chissà che la affidabile e stimata ministra - un po’ pentastellata un po’ tecnica – che guiderà il neodicastero della Innovazione (Paola Pisano) non riesca ad innovare anche il modo di governare dei propri compagni di Movimento ! E, perché no (sarebbe cosa buona e giusta) anche dei piddiini (per LeU temo non basti nemmeno il potere tecnologico/taumaturgico della Pisano!!!). Direbbe Salvini, rosario alla mano: che il buon Dio ce la mandi buona, e la Madonna ci assista. Qui invece, molto più profani di Salvini - e a mani rigorosamente vuote - ci limitiamo ad una laicissima espressione augurale inglese (prima che una Brexit no deal ci dissuada): I hope that's OK. | |