I percorsi della scuola secondaria superiore. Considerazioni
di Vittoria Gallina---05-12-2018 | |
Nei primi giorni di novembre i quotidiani hanno dato grande rilievo ai risultati della indagine, ormai ricorrente, condotta dalla Fondazioni Agnelli Progetto Eduscopio, e quindi alla classifica dei migliori istituti secondari italiani. Da questo punto di vista niente di nuovo: sono sempre più o meno le stesse scuole che si contendono collocazioni nei primi posti, accendendo forse piccole polemiche locali, francamente di scarso interesse. Vale però la pena di ricordare che l’indagine è più interessante di quanto appaia dalle graduatorie riportate dai giornali, e può fornire, oltre a una guida per studenti e genitori impegnati nella scelta del percorso di scuola secondaria, occasione di riflessione sul sistema scolastico italiano. Malgrado il percorso decennale di istruzione obbligatoria , il sistema scolastico in Italia costringe studenti di 14 anni i e famiglie a fare scelte definitive, che peseranno sui destini individuali e su una società , che avrebbe molto bisogno di intelligenze coltivate e ben orientate , qualificazioni elevate e capacità lavorative di alto livello e responsabilità. L’indagine ha ormai rodato metodologie e strumenti di osservazioni molto precise, che delimitano bene il campo osservato a partire da questi assunti«L’apprendimento è un processo cumulativo: quanto riusciamo ad apprendere oggi dipende in larga parte da quanto abbiamo appreso in passato. Si possono costruire conoscenze più estese e competenze più robuste solo a partire da basi solide. Non a caso, il reale valore dell’istruzione ricevuta a scuola si manifesta proprio quando ci si trova davanti alla complessità di un esame universitario o di una mansione da svolgere sul lavoro […] all’istruzione secondaria è richiesto di creare le condizioni per le quali gli studenti possano intraprendere con successo il passo successivo nelle loro traiettorie di vita.» e ancora « Per molte ragazze e molti ragazzi il passo successivo al diploma è l’accesso ai corsi universitari; […] chi non prosegue gli studi generalmente opta per l’ingresso nel mondo del lavoro. In uscita dalla scuola secondaria di I grado, molti studenti scelgono percorsi di studio professionalizzanti come quelli offerti dagli istituti tecnici e professionali proprio per avere maggiori chances di trovare rapidamente un impiego dopo il conseguimento della maturità. Per questa ragione la missione principale degli istituti tecnici e professionali è quella di fornire competenze adeguate e immediatamente spendibili in termini lavorativi, curando in particolare la delicata fase di avvicinamento e ingresso al mondo del lavoro (transizione scuola-lavoro). Due indagini in parallelo quindi che pongono sotto osservazione il risultato conseguito nel primo anno di studi universitari, l’una, l’inserimento nel mondo del lavoro successivamente al diploma, l’altra. Il tasso di passaggio verso l’università riguarda il 58% dei diplomati italiani (il 91% di quanti hanno frequentato un percorso liceale, il 40% un percorso tecnico e un 15% un percorso di istruzione professionale). In Italia i percorsi post-diploma non accademici sono pochissimi e pochissimo praticati, di questo fatto va tenuto conto quando si registra la percentuale dei laureati italiani rispetto ai paesi OCSE e all’Europa ( Education at a glance 2018 , popolazione 25-64 anno con livello post diploma e terziario: Italia 29%, OCSE 42% EU 38%). Il voto finale medio dei diplomati nei percorsi liceali è 79,9 su cento , quello dei diplomati dei tecnici e professionali è 73,6 su cento. La composizione per genere dei licei vede una più elevata presenza femminile (56,2%, contro il 43% dei maschi), la popolazione maschile è più presente nei tecnici e professionali, 60,2% contro il 39,8% delle ragazze. Percorsi più regolari si registrano nei licei (entro il 19° anno di età si diploma l’86,4% degli studenti), più lenti quelli dei tecnici e professionali ( il 66% si diploma entro i 19 anni). Il confronto si può fermare qui ? molti altri studi pongono infatti attenzione alle performance degli universitari ?, interessante invece è la seconda parte dello studio Eduscopio, relativo all’impatto dei giovani diplomati in relazione all’ingresso nel mercato del lavoro. Si tratta di giovani in prevalenza italiani ( 93,6%) , che hanno conseguito questi diplomi:indirizzo tecnico- settore economico 32,4%, settore tecnologico 32,9%, professionale settore servizi -25,7%, settore industria- artigianato 8,9%; il 30,3% di questi si indirizza verso l’università e il 70,3% cerca un lavoro ( informazione rilevata dalle Comunicazioni obbligatorie). L’indagine Eduscopio rileva il dato relativo alla condizione di occupazione a due anni dal diploma (l’OCSE rileva che il 64% almeno dei giovani italiani tra i 20 e i 24 anni è senza lavoro un anno dopo il diploma), lo studio fatto a due anni dal diploma permette quindi di registrare anche la situazione di chi si è orientato con maggiore difficoltà. A 180 giorni lavorativi gli occupati sono il 31%, i sottoccupati (meno di 180 giorni) il 14%, studenti-lavoratori il 9,6% , studenti iscritti poco più del 20%, mentre il 24% sono in genere NEET (Not in Education, Employment or Training). L’ISTAT registra il fatto che nei due anni post diploma il 12% di questi ragazzi avrebbe svolto attività formative non Universitarie. Per quanto riguarda le tipologie di lavoro, il 27, 8% avrebbe un lavoro permanente come apprendista, il 22,5% un lavoro a tempo indeterminato, il 49,7% un lavoro temporaneo. Le professioni coerenti col titolo sono il 29,8%, il 20,4% ha una professione trasversale (il titolo conseguito non è esclusivo, in quanto si accede a questo lavoro con molti diversi titoli), più del 40% fa un lavoro del tutto incoerente col diploma posseduto. Gli indici di occupazione per regione disegnano le grandi disparità di situazione (dal Veneto che ha l’indice più alto, alla Campania che è tra i livelli più bassi); mediamente chi trova lavoro lo trova entro 50 km da casa, ma al sud questa distanza supera i 79 km. Le ragazze hanno un 5% di probabilità in meno di trovare un lavoro rispetto ai maschi ,così come i giovani diplomati non italiani (probabilità inferiore del 7,9%). Gli anticipatari (i diplomati a 18 anni) hanno uno svantaggio rispetto ai più vecchi (meno 2,3% rispetto ai ventenni). Infine il voto di maturità non sembra avere peso: 10 punti in più danno una probabilità di essere occupati non superiore allo 0,6%. Però lo scarso valore del voto di maturità dice poco forse sulle reali competenze che i datori di lavoro richiedono e che viene attribuito secondo parametri e criteri non omogenei. | |