Mille scuole aperte per una società aperta
di Maria Teresa Iannitto---25-11-2018 | |
Ieri si è tenuto a Roma l'incontro nazionale del Tavolo Saltamuri, un organismo che mette in rete più di cento associazioni che operano nella e con la scuola a vario titolo. Mettersi in rete per essere più forti ed autorevoli, documentare e promuovere le buone pratiche, rimettere al centro l'educazione come priorità politica. Saltare i muri vuol dire costruire la difficile arte della convivenza, e le scuole, uscendo dall'autoreferenzialità e proponendosi sul territorio come centri di costruzione della cittadinanza, possono e devono diventare protagoniste di questo processo. Docenti, dirigenti e appartenenti ad associazioni del terzo settore hanno raccontato le tante preziose esperienze realizzate e in preparazione in varie parti d'italia per contrastare la povertà educativa, la disgregazione sociale e la crescita dell'intolleranza. In questo clima certamente positivo e condividendo in pieno gli obiettivi della mobilitazione, c'è però da notare che tra i partecipanti al tavolo serpeggiano ed emergono quà e là pre-giudizi e chiusure verso le innovazioni normative che sono state introdotte nel corso degli anni,un atteggiamento frutto più di chiusure mentali che di reale alterità ai principi fondanti e alle pratiche condivisi dalle associazioni.Un esempio per tutti è il documento inserito in cartellina, tra l'altro senza firma alcuna a differenza degli altri ivi inseriti, che proclama il no alla regionalizzazione scolastica. A parte i veri e propri strafalcioni normativi che vi sono presenti, il nocciolo della questione sarebbe che il trasferimento del personale scolastico alle regioni, aspetto già presente in Costituzione dal 2001 tra le competenze spettanti alle stesse regioni, sarebbe un grave attentato al diritto all'istruzione. Francamente non si capisce di cosa sarebbero privati i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, se l'assunzione del personale scolastico e il relativo stipendio dipendono dalle regioni invece che dallo stato. Il Trentino Alto Adige si gestisce da tempo il personale scolastico con ottimi risultati tra gli esiti degli studenti, superiori alle medie nazionali. E la scuola dell'infanzia bolognese, un modello a livello internazionale, è comunale, non statale. La Campania, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna, tutte con il personale gestito da Roma, sono zone dove la dispersione scolastica è drammatica. La scuola statale attualmente non garantisce pari opportunità e sono le stesse associazioni del Tavolo a denunciarlo, quindi a difesa di quali diritti si ergono gli oppositori alla regionalizzazione? evidentemente ai soliti diritti corporativi 'acquisiti' degli insegnanti che cozzano malamente con i diritti giustamente portati avanti dal tavolo interassociativo. Per concludere: qui non si vuole sostenere a priori che la regionalizzazione è un bene e uno strumento che risolve le storture della scuola italiana, ma bisogna ragionare sulle questioni con spirito aperto e capace di oltrepassare confini e muri, proprio lo spirito condiviso nella bella giornata di ieri. | |