L'Italia è una nazione a rischio?
di Alberto Galanti---12-04-2018
Nel 1981 il Segretario di Stato per l’Istruzione Terrel Bell convinse il presidente Reagan a istituire una commissione che, al termine di una indagine, avrebbe dovuto consegnare una relazione sullo stato della scuola in America. Due anni dopo la commissione consegnò un report con il titolo “Una nazione a rischio. L’imperativo per una riforma dell’Istruzione”. Conteneva un resoconto dettagliato e impietoso al punto tale che i membri della commissione si sentirono in dovere di scuotere l’opinione pubblica inserendo, a pagina 9, questo commento:

“If an unfriendly foreign power had attempted to impose on America the mediocre educational performance that exists today, we might well have viewed it as an act of war.”
(Se una potenza straniera nemica avesse tentato di imporre all’America il livello mediocre dell’istruzione che c’è oggi, lo avremmo giustamente considerato come un atto di guerra)
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Questo report, che inizialmente fu considerato alla stregua di una questione interna agli USA, cominciò gradualmente ad essere preso in seria considerazione dalla comunità scientifica internazionale che si occupava di Istruzione. Il cambiamento di atteggiamento cominciò a produrre sostanziali modifiche ai criteri in base ai quali orientare le politiche scolastiche. L’OCSE, nel 1992 fissò, per la prima volta, gli “indicatori internazionali dell’istruzione”. In Italia si è cominciato a fare qualcosa solo dieci anni più tardi ma ancora oggi quando si parla di valutazione troviamo sempre i benaltristi che alzano le barricate. Guardando alle condizioni del Paese, nell’incontro “La Scuola si interroga” organizzato lunedì prossimo dalla nostra associazione, chiediamoci se oggi anche l’Italia non sia “una nazione a rischio” per il livello raggiunto dal nostro sistema educativo.
A_nation_at_risk_1983.pdf