La liberazione di Cecilia Sala
10-01-2025
“Amo ancora l'Iran e le donne iraniane”, sono le parole pronunciate dalla giornalista reporter, Cecilia Sala, de Il Foglio e di Chora Media in queste ultime ore, dopo essere tornata dal carcere di Evin a Teheran. Porta con sé il terrore di quell'inferno ormai scampato, il grave senso di colpa e il dispiacere di aver lasciato in cella la donna che negli ultimi giorni ha condiviso con lei la detenzione. E gli altri destinati a lamentarsi e ad urlare per le torture chissà per quanto tempo. Molti sono rinchiusi da anni senza capi d'accusa. La sua testimonianza è raccontata da lei stessa nell'ultima puntata del suo podcast Stories.

Il rientro della giornalista e la scarcerazione rapida sono stati un ottimo risultato politico, una chicca diplomatica, un merito che si aggiunge al decisionismo della premier, Giorgia Meloni, che ha colto l'occasione di un viaggio lampo, a Mar-a-Lago residenza del neo-presidente, Donald Trump, per ottenere che non venga richiesta l'estradizione dell'ingegnere iraniano che lavora per i pasadaran, esperto di droni, Mohammad Abedini, detenuto nel carcere di Opera, a Milano.

Anche se non ancora insediato, Trump ha già reso nota la sua concezione di ordine mondiale, un principio abbozzato in modo rozzo attraverso le ultime dichiarazioni, ma è quello con cui gli altri leader mondiali e i capi di stato dovranno fare i conti. Con le parole ha già intaccato la sovranità di Danimarca, Canada e Groenlandia che già hanno fatto presente che non obbediranno. Con lui ritornano le smanie imperialistiche americane, l'aggressività dell'Occidente, le mire espansionistiche che prevedono, ove possibile, anche l'uso della forza. Un avviso alla Russia sull'Ucraina, ad Israele su Gaza e alla Cina.

A rafforzare e assecondare tale visione, c'è Elon Musk, l'oligarca geniale e tecnocrate reazionario, pronto a fornire , con un contratto di un miliardo e mezzo, la iperconnettività della rete con Starlink, già adottata da oltre cento paesi. Uno strumento che se adottato senza essere regolamentato e verificato, influenzerà i destini dei popoli e comprometterà ogni verifica dei fatti.
Non dominerà più il pensiero unico ma un'informazione a senso unico, fatta di fake news, notizie fatte trapelare a metà, boutade intenzionalmente ripetute, verità cancellate, attacchi negazionisti, informazioni veicolate per manipolare il consenso, e mantenersi saldamente al potere una volta conquistato. In previsione, è stata anticipata la fine del Fact cheking per alcuni social network (Facebook e Meta).

Se questo è lo scenario mondiale futuro, l'unica risorsa davvero necessaria è la libera informazione la cui fonte principale è il giornalismo d'inchiesta. Ai giornalisti sarà richiesto un tasso di coraggio e di capacità professionale anche maggiore di quello attuale, dovranno sapersi muovere in contesti pericolosi e assumere un rischio d'impresa sempre più rilevante. Come ha fatto Cecilia Sala, interprete a tutto campo di un mestiere che richiede nuove regole e più protezioni a livello mondiale a tutela di questa categoria professionale che acquisterà sempre più valore etico e politico.
La politica dovrà raccogliere questa sfida perchè ci sarà sempre più bisogno di racconto, testimonianze, dialoghi con gli interlocutori che siano vincitori ma soprattutto vinti, di confronto attraverso gli occhi e le orecchie di donne e uomini che vorranno varcare confini difficili e pericolosi. Soprattutto per la loro incolumità.

Cecilia Sala vivrà col ricordo indelebile del carcere di Evin, della luce sparata negli occhi e della sola copertina per dormire, col ricordo di lei fortunata e delle compagne e dei molti intellettuali, rimasti in quel famigerato carcere.
Con sè la voglia di riprendere a lavorare, l'unico modo per continuare ad aiutare le sue compagne e i tanti amici rimasti nel carcere di Evin.