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Quando l'obiettivo degli ayatollah è una donna reporter
31-12-2024 |
È incredibile la volontà di auto-rappresentarsi del regime iraniano con tutto il suo carico di violenza e sopraffazione. È oggettivamente incomprensibile come per regolare gli interessi geopolitici, il regime osi sospendere i diritti civili ad una cittadina occidentale: una donna reporter, Cecilia Sala. E' stato scelto, non a caso, un simbolo di disobbedienza, coraggio e libertà. Con un solo atto, gli ayatollah hanno raggiunto due risultati: costringere gli USA a trattare e continuare davanti al mondo la loro guerra contro le donne. Sala è una delle migliori protagoniste del giornalismo di inchiesta condotto nell'area, gli altri reportage hanno riguardato, oltre l'Iran, anche Ucraina e Afghanistan. Coraggio e talento non le vengono meno neanche davanti agli attacchi sessisti e volgari che la colpiscono in rete, sui social media, compresi quelli postati su Telegram legati alla propaganda russa. Il suo arresto è una innegabile provocazione politica all'Occidente: muscolare, di basso livello, molto sfacciata, tanto da essere in sè motivo di preoccupazione. La scelta dell'arresto della reporter investe l'essenza della nostra civiltà, perchè spezza le regole del vivere civile e i diritti umani, quei diritti di cui si avverte subito la mancanza quando si perdono. Sala è in isolamento da 12 giorni: la speranza è che venga espulsa e restituita al suo lavoro al più presto. E' stata incriminata per aver violato la legge islamica: capi d'accusa deboli e forse facili da far rientrare da un punto giuridico. Questa volta sotto accusa non è l'hijab indossato male ma una professione poliedrica svolta da una donna con la massima trasparenza e con la potenza indagatrice di chi indaga nel conflitto e di tutti coloro che si spendono per raccontare la realtà lontano dalla propaganda. Che vanno ad ascoltare le voci, vedere con i loro occhi qual'è la verità di mondi anacronistici e di quel regime e quando dice il falso. E poi quelle esperienze, ce le raccontano attraverso storie, fatti e persone con una interpretazione il più possibile vicina alla realtà. Sullo sfondo di questa vicenda le questioni geopolitiche tra Iran e America. Il dissequestro di Sala ha a che fare con lo scambio di Mohammad Abedini-Najafabad, un ingegnere svizzero- iraniano, fermato il 16 dicembre a Malpensa, a Milano, accusato dagli Usa di fornire all'Iran componentistica utile per la realizzazione di droni ad uso militare, soprattutto sistemi di navigazione senza pilota e balistici. Un terrorista secondo gli USA coinvolto in operazioni che violano le sanzioni americane e di cui chiedono l'estradizione. Per lui i suoi legali chiedono i domiciliari. Cecilia Sala è stata prelevata il 19 dicembre nel suo albergo a Teheran e da 12 giorni è rinchiusa nel famigerato carcere di Evin, un tempo il carcere di Reza Palevi, insieme ad altre duemila donne e centinaia di oppositori tra intellettuali, studenti, artisti, attivisti, professori e avvocati. Un quarto dell'intellighenzia iraniana è trattenuta in quel carcere, silenziata e ostaggio del regime. Nelle Stories, costituito da tre podcast, inviati dall'Iran, la giornalista di Chora Media entra nelle complessità, valuta l'impatto con l'interlocutore, interroga il non detto e tutto quello che non si manifesta per paura, in particolare rispetto al futuro delle donne e dei giovani che motivano la sua passione. |