Al potere in Siria, l'ex-jihadista Al Joulani, chi si può fidare
10-12-2024
“Costruire una nuova Siria” oppure “Il futuro è nostro”sono solo alcune delle frasi pronunciate da Abu Mohammed al Joulani, leader del gruppo jihadista Hayat Tahrir al Sham (HTS), qualche giorno fa, dopo la presa di Damasco. Sembrano frasi rivoluzionarie, inequivocabili , concetti che lasciano presagire un cambio di passo importante nella società siriana. Nel 2003, dopo l'invasione americana dell'Iraq, Al Joulani, milita in Al Qaeda al tempo di Al Zarqawi, dopo lo scoppio delle primavere arabe, nel 2013, fonda il Fronte di Al Nusra, e dal 2017 veste i panni del jihadista moderato.
Al momento, la popolazione siriana sta assaporando la fine della dittatura. E' stato aperto il carcere Sydnaya, denominato mattatoio, dove molti oppositori hanno perduto la vita e sono stati seppelliti all'interno. A decine sostano davanti alle porte del carcere alla ricerca dei loro familiari. Migliaia di profughi, di cui 12 milioni fuggiti all'estero, 3 milioni in Turchia e uno e mezzo in Libano, stanno pensando di tornare nel proprio paese. Nel discorso di Al Joulani, nessun riferimento alla sorte delle minoranze curde, druse, sciite, oppure cattoliche e nessuna anticipazione neanche sulle donne ( non più costrette al velo) che non sono una minoranza ma la metà della popolazione. Ovunque. L'unica certezza al momento è che la dittatura della dittatura della famiglia Assad è finita dopo 54 anni.
Quello che accade in Siria, è un esempio da tenere in debito conto per valutare il tempo di durata delle teocrazie, perchè il nuovo governo siriano, potrebbe durare come altri regimi assoluti anche trenta-cinquanta anni (come in Siria). Le rivolte popolari e la forza degli oppositori, interne ai regimi autocratici, anche se condotte fin dall'inizio, non possono sostenere la pressione militare e la repressione feroce nei loro confronti. La violenza per i regimi assoluti è una necessità assoluta di sopravvivenza e una proiezione di potenza da diffondere all'interno e all'estero. Corea del Nord, Siria, Cina, Russia e Iran, a cui si aggiungono molti capi africani, governano con la politica del terrore. Si ispirano non alla convivenza civile e alle pratiche della modernità ma a quelle più ancestrali del Medio Evo. E' improprio quindi evocare la tanto sbandierata stabilità dei governi autocratici confrontati all'instabilità propria delle democrazie, sono gli inauditi livelli di repressione che vengono messi in campo a garantire la continuità e la conservazione del potere.

Al Joulani, nuovo capo assoluto della Siria, insieme al suo vice, Mohammed al Bashir, per rimanere all'altezza dei suoi proclami, avrà molto da dimostrare per convincere il mondo laico orientale e occidentale della bontà delle sue intenzioni, la capacità di realizzare una società islamica moderata, l'inclusione nel programma delle ragioni dei curdi, drusi, cattolici, sunniti e sciiti per inaugurare una nuova stagione di convivenza civile.
Il presidente turco, Erdogan, il vero tessitore e ideatore dell'attacco alla Siria, ha realizzato il respingimento in atto dei siriani dal suo territorio e l'allontanamento ad est dei curdi, cacciandoli da Kobane e Qamishlo. Lo zar, Putin, uno dei perdenti della partita insieme all'Iran, aumenterà la sua performance in Africa per recuperare terreno. E (d'accordo con Erdogan) cercherà di mantenere in Siria le sue basi navali di Tartus e di Khmeimim per continuare ad avere influenza nella regione.
L'Europa mostra preoccupazione perchè rischia di dover assecondare i piani di Erdogan che vorrebbe spingere gli immigrati nel continente e incrementare, ove possibile, la presenza economica nella Ue. L'Europa dovrebbe cominciare a pensare a come affrontare la crisi, soprattutto l'Italia per la posizione geografica.