Dove vogliono arrivare?
28-09-2024

Come si può pensare ad un cessate il fuoco senza possibilità di mediazione. La guerra israeliano-palestinese ha tanti livelli di lettura. I paesi in conflitto pensano solo alla resa incondizionata senza trattare, senza avvalersi della diplomazia. Netanyahu vuole annientare i gruppi estremisti (da Hamas ad Hezbollah, agli Houthi e a tutta la galassia della jihad per dare una lezione anche all’Iran) che minacciano Israele dalla Palestina e dal Libano del sud, mentre i palestinesi rivogliono i territori perduti nel 1947. In mezzo c’è la guerra.
Delle due guerre in corso al di là del Mediterraneo, una è rallentata, quella di Gaza, ed un’altra, quella in Libano, è iniziata la settimana scorsa. Ma già ruba la scena a Gaza per la crudezza dell’azione militare.
Nessuno è soddisfatto dei risultati, anzi sono tutti pronti a rilanciare, a rincarare la dose per nuovi obiettivi da raggiungere.
I vertici politici-militari di Israele hanno solo indebolito Hamas avendone decapitato i vertici (Yahia Sinwar, l’ideatore del pogrom del 7 ottobre 2023, però è vivo e detta condizioni), con la stessa strategia stanno colpendo in questi giorni i capi degli Hezbollah in Libano. Il fronte interessato è il fronte Nord di Israele che confina con il Libano. L’attacco ha già causato 90.000 sfollati e molte vittime, almeno 700 in una settimana. Ma Netanyahu e non solo lui, nonostante provochi molte perdite tra i civili, si sente paladino della difesa della sua gente contro i gruppi terroristi di Palestina e Libano.

Gli USA, insieme all’Europa, se fosse stata coesa, e all’Islam moderato, potevano essere gli attori per spingere per una politica di pace in quell’area. L’attivismo diplomatico del Segretario di stato, Antony Blinken, ha avuto il limite di non poter bloccare gli aiuti ad Israele, perché l’Amministrazione americana è di tutt’altro avviso. Potremmo dire che la sua politica si tinge di grande ambiguità. Da una parte condanna Israele, dall’altra fornisce gli armamenti. Così il lavoro sporco di Netanyahu continua. Anzi secondo le sue affermazioni dagli USA, da protagonista convinto, conferma di voler continuare a colpire le postazioni dei gruppi della jihad ovunque si trovino anche contro la volontà dell’ONU. L’operazione è anche per conto di tutti coloro che vogliono l’annientamento dei gruppi della jihad.

In Ucraina, il presidente Volodymyr Zelensky si è rivolto all’Assemblea dell’ONU dicendo che la Russia vuole colpire le centrali nucleari in territorio ucraino.
Alla Casa Bianca ha presentato il suo Piano per la vittoria cercando quasi il consenso degli USA per colpire con missili a lungo raggio le postazioni russe responsabili degli attacchi aerei. Dagli Usa ha ricevuto aiuti per decine di miliardi di dollari, adesso ancora altri 8,7 miliardi per armamenti e ricostruzione.
Il convincimento di Zelensky è sempre quello che per portare la Russia al tavolo del negoziato, sia necessario indebolirla prima militarmente. Ma troppo tempo è passato, ed è evidente che Kiev non potrà mai vincere questa guerra contro la Russia, lo scontro è tra forze impari. Crimea, Donbass, Kherson e Donetsk non torneranno mai più a casa, in terra ucraina.
Il modo di pensare di Zelensky porterà soltanto a rompere altri equilibri mondiali o a saldare più forti alleanze con Iran e Cina da parte della Russia.
Il risultato al momento è solo la rinnovata minaccia di Putin di ricorrere all’atomica anche se dovesse essere minacciata la sola Bielorussia, e con armi convenzionali.
Colpisce la disinvoltura da parte di Putin della minaccia sempre più frequente di voler ricorrere all’arma atomica.
E’ un mezzo di distruzione che richiama la psicosi dell’annientamento definitivo del nemico, è la fine di ogni riferimento umano, affonda nel nihilismo e annulla il futuro, mentre con le armi convenzionali (uno strumento comunque mostruoso), qualcuno se non finisce sotto le macerie o colpito da proiettili, ce la può fare. La speranza rimane ed è ciò che basta a motivare l’essere umano.
La comune percezione che siamo alle porte di una imminente possibile catastrofe sta nel fatto che USA, Francia, Germania, Spagna, Australia, stiano manifestando un fermento diplomatico insolito e un rinnovato impegno ad incontrarsi per cercare di ottenere un periodo di tregua fra le parti belligeranti. Ma dalle ultime dichiarazioni di Netanyahu, rilasciate all’ONU su questo punto, il piano è stato già rimandato al mittente. Cinismo e irrigidimento si mescolano alla speranza di poter riprendere il dialogo. La partita è aperta ma il bandolo della matassa è lontano dall’essere individuato. Intanto, per altri scenari, si aspettano le elezioni americane.