La partita con l'Europa
19-09-2024
La presidente Meloni ce l’ha fatta ad ottenere da Ursula von der Leyen un posto al sole per il ruolo di commissario europeo a Raffaele Fitto, con la qualifica di vice-presidente responsabile dei fondi di Coesione e delle Riforme. Insieme a Valdis Dombrovskis gestirà, entro il 2026, anche il PNRR. Ancora 43 miliardi sono ad appannaggio dell’Italia. L’ultimo commissario italiano è stato Paolo Gentiloni (dal 2019 ad oggi) responsabile degli affari economici e monetari. Un altro peso naturalmente in materia economica.
Tant’è. Dopo questa nomina Meloni & Company, usciti dal complesso di solitudine dopo la mancata votazione a favore di Ursula von der Leyen, e mantenuta la posizione di prestigio, non potranno più parlare di isolamento e di Europa matrigna.
Meloni ha presentato il nuovo commissario italiano in Europa, Fitto, come rappresentante di tutti gli italiani, sottintendendo una richiesta esplicita di collaborazione anche all’opposizione. Che naturalmente non condivide questo incarico, ma con delle sfumature. Si presume che il sostegno del Pd sarà comunque condizionato. Nella nuova Commissione c’è una netta prevalenza del PPE e la nomina di Fitto (Ecr) comporta una colorazione ancora più a destra. La novità è la netta prevalenza di nomine attribuite ai paesi baltici: a Kaja Kallas come Alto Rappresentante per la politica estera e sicurezza e ad Andrius Kabilius al nuovo dicastero creato per la Difesa e lo Spazio. Questo potrà significare un ridimensionamento dell’impegno Nato nel mediterraneo. Le famiglie politiche sono tutte rappresentate fino alla durata dell’incarico di Ursula von der Leyen.
Meloni ha capito che per sedersi nel salotto buono d’Europa doveva lasciarsi alle spalle le strizzate d’occhio ai partiti estremisti di destra europei, gli abbracci ad Orban, e la complicità di maniera con Donald Trump anche se forse sarà il nuovo Presidente degli Stati Uniti.
Per un momento ha indossato i panni della protagonista e non dell’under dog oppure della vittima, cercando di guardare avanti. E per avere la possibilità di interloquire nelle partite che contano.

In Italia, invece, Meloni rimane ancorata al concetto di complotto, intravede perfino un attacco alla volontà popolare nel caso di condanne giudiziarie (come ha fatto con pronta difesa d’ufficio a Salvini). In questa calda estate dopo gli eventi che hanno tirato in ballo il suo governo, Meloni ha mostrato di non avere fiducia neanche nel servizio di sicurezza di Palazzo Chigi, nei servizi segreti e nella polizia. Tutti corpi dello Stato mai messi in discussione da nessun governo della Repubblica. Negli ambienti governativi e tra i comunicatori di destra viaggiano le solite bordate contro la cultura egemone di sinistra che lavora per mettere ostacoli allo svolgimento di vicende politiche e personali nostrane.
Il complotto è quasi come una categoria della politica a cui nessuna forza politica sfugge, è quell’utile strumento a cui si ricorre quando si sta perdendo terreno, si fanno errori gravi o si sono smarriti i rapporti con la realtà.
Per adesso la teoria del complotto contro i giudici rimane in auge, grazie a Matteo Salvini, che brandisce nel video il viso imbronciato dell’incompreso che vuole spiegare la sua verità.