Kamala Harris e l'ordine mondiale
01-08-2024
Se Kamala Harris, vice-presidente degli USA, sarà eletta alle presidenziali in novembre prossimo, simbolicamente spariglierà l’attuale ordine mondiale costituito da bulli autocrati e generali. Sarebbe un importante avvenimento, un esperimento di rilancio oltre i canoni dell’esistente proiettato nel futuro, che non riuscì a Hillary Clinton (2016). Anche se -come sappiamo - è sempre l’Amministrazione americana che detta l’Agenda politica al di là dei presidenti eletti. Già in anticipo si nota il fastidio di dover fare i conti con una donna da parte di molti leader mondiali. Che avranno la necessità di doversi adeguare ai nuovi canoni di un galateo di genere. Harris porta con sé un messaggio di democrazia e di possibile revisione di molti provvedimenti che la destra al potere (Trump) aveva imposto. Per farsi eleggere, l’ex-presidente Trump si finge perfino portatore di pace promettendo la fine delle due guerre in atto (con il Libano, quasi tre) e l’attivazione di politiche protezioniste nei confronti della Cina e quindi isolazioniste.
Erdogan, Putin, Orban, monarchie del Golfo, Brasile, India, hanno un approccio e una visione dell’ordine mondiale multipolare pronto a sostituire quello occidentale unipolare. Molti di loro sono rimasti al potere nonostante una storia personale impresentabile, dopo aver cambiato la Costituzione che non prevede successivi mandati. Trump era pronto al colpo di stato dopo l’attacco a Capitol Hill del 7 gennaio 2021.

Harris riaccende un faro che al momento punta su donne, giovani, intellettuali, classe media, minoranze e neri (il 78% voterebbero per lei). E se farà il ticket con Shapiro, governatore della Pennsylvania, vicino al mondo del lavoro, segnerà il ritorno della politica. Il voto del Nevada, della Georgia dove il 60% sono neri e dell’Arizona, sarà decisivo per la sua vittoria.

Se ascoltiamo le campane che profetizzano: la fine dell’Occidente, della democrazia, del vecchio ordine mondiale, compresa la crisi del maschio, i giovani che non leggono, la disaffezione al voto, il declino della mediazione, finiremo per non accorgerci del mutamento in corso, del cambiamento in meglio di molte cose, e a non comprendere più l’essenza della democrazia. A cominciare dalla capacità di reagire proprio del sistema democratico che ha manifestato un carico di anticorpi inaspettato materializzatosi in occasione delle elezioni: in Inghilterra, in Francia, in Spagna, e adesso negli USA con un’accoglienza inimmaginabile a Kamala Harris. Ma anche in Polonia. E senza dimenticare le lotte delle donne iraniane. L’idea e la retorica del tramonto di una civiltà spesso nasconde la trasformazione in atto, mentre il processo di contaminazione con altre culture ed etnie si arricchisce di nuove energie (Obama, Harris). Magari è l’alba di un nuovo giorno, perché nonostante l’evocazione di decenni di declino della cultura occidentale, ancora possiamo contare sul valore dell’inclusività e delle capacità di connessione con altri mondi che continuano ad arricchirci. Il liberalismo culturale e politico garantisce l’esistenza stessa dell’Occidente.