Quelle preoccupazioni di svolte illiberali
25-06-2024
Nelle due interessanti riflessioni, la prima di Giovanni Orsina, apparsa sulla Stampa del 23 giugno 2024 e l’altra di Massimiliano Panarari del 24 giugno, è dedicato ampio spazio a quelle destre che si definiscono illiberali ma democratiche. Una contraddizione in termini ma che ha creato perfino una categoria della politica.
Non potendo fare confronti con le destre che hanno devastato l’Europa negli Anni Venti, i termini con cui vengono definite risultano spesso inesatti.
Si preferisce parlare di estremismo maggioritario (Cas Mudde) prodotto dalla vittoria elettorale. Il focus è il voto, la testa d’ariete utilizzata per lo sfondamento, che si porta dietro qualunque decisionismo politico e giustifica la comunicazione violenta contro gli avversari. Lo fecero, prima di queste destre, Mussolini e Hitler che capirono l’importanza del consenso come primo atto. Lo spazio della democrazia, che è quello tra il capo politico e il corpo elettorale, è vissuto come orpello: le istituzioni giudiziarie, tecnocratiche ed economiche, possono essere compresse nella loro azione. Il resto ruota attorno oppure può non esserci. Importante risulta invece il dirigismo politico di chi vince la tornata elettorale.
Questo fenomeno politico populista e isolazionista, è visto come una reazione alle democrazie liberali occidentali, che hanno osato tenere in scacco quel magma irruento che proviene dall’esito elettorale e che vorrebbe colpire nell’immediato, dopo il voto, la sostanza dei corpi intermedi: istituzioni giudiziarie, autorità indipendenti, enti socio-economici, sindacati, autorità indipendenti. Colpevoli di non rispettare la volontà del popolo.

Per aggirare l’ostacolo, le destre, in una sorta di sfida dall’interno, in Europa e in Italia, camaleontiche e caratterizzate da opportunismo politico, hanno ripiegato lavorando al fianco il sistema democratico attraverso abili attitudini comunicative ed evocazioni di risoluzioni immediate dei problemi, e approfittando delle divisioni che frammentano ovunque la sinistra.
L’affermazione delle destre è una deriva che Luciano Canfora definisce come un virus che da sempre si modula a secondo delle condizioni storiche.
Brexit, Rassemblement National, Ungheria, voglia di dirigismo esasperato invocato attraverso il premierato e attacco indiscriminato ai diritti socio-economici e della persona, dall’aborto al gender, la promessa di risoluzione del problema securitario, e attacchi squadristici, sono solo un assaggio del progetto delle destre in Europa e che identifica la loro futura strategia.

L’apparente atteggiamento antisistema è veramente paradossale: nel momento in cui, pur di entrare e rimanere nel salotto buono d’ Europa, in Parlamento in Italia, i o le leader (Le Pen e Meloni) sono state prontissime a ritornare indietro dai propositi tonanti delle rispettive campagne elettorali, immigrazione e alleanze (Orban, Afd), e a tentare di imporre candidature a loro vicine nei gangli vitali del Parlamento europeo e della Commissione. E’ soltanto voglia di comando, potere da raggiungere attraverso pervicaci strategie. E’ insofferenza per il parlamentarismo, cioè per il sale della democrazia.
L’esaltazione di segmenti sempre più importanti di frange giovanili di estrema destra non lascia pensare a scelte liberal conservatrici in futuro.

Oltre l’analisi, la domanda che andrebbe posta è: se queste forze politiche non trovassero ogni giorno adeguati anticorpi al loro disegno, isolazionista e populista, qualcuno ha la certezza che non ci sarebbe uno scivolamento immediato in un sistema autocratico?
Bisognerebbe guardare all’interno di queste inquietudini illiberali profondamente radicate, e guardare in faccia per quel che sono in tutta l’Europa, compresi gli Usa. Perché sono queste forze che stanno cambiando il volto dell’Europa e degli Usa, sotto l’ombrello della cosiddetta destra moderata.