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Corsa virtuale, libri corporei e distanziamento sociale
07-05-2020 |
Sport sì, ma non così. Non di squadra. Non di gruppo. Distanziati. E allora? Beh una corsa virtual/culturale come Associazione possiamo organizzarla. E chi facciamo gareggiare? I libri ! Noi soci li facciamo correre, come i bambini facevano con un gioco famosissimo quando ero adolescente: il Totopoli. Corse dei cavalli virtuali. Chissà se esiste ancora. Il Monopoli ed Il gioco dell’Oca, che erano suoi fratelli, esistono, eccome. Ma il Totopoli? mah. Ed era comunque più divertente. Come è più divertente di qualunque altro gioco quello che simula la corsa. L’archetipo del gioco; a chi arriva primo, o secondo, o terzo. Sul podio! E poi i cavalli! Un classico: la corsa dei cavalli, l’animale più bello che ci sia. Almeno penso io. Si, lo so, state dicendo che ci sono i cani e i gatti. Ma volete mettere l’eleganza del cavallo, e di quello da corsa, in particolare! Un quadro, che manco Raffaello. E un cavallo al galoppo? Un’armonia musicale, che manco Brahms Insomma come Associazione abbiamo organizzato una corsa. Di libri! Che quanto a bellezza… se la vedono coi cavalli!!! Un Totopoli di libri. Su cui puntano i soci. Cosa puntano? Niente. Cioè tutto: le proprie sensibilità, i propri gusti, le proprie emozioni. E cosa vincono? Niente. Cioè tutto: lo stare insieme, virtualmente, che di questi tempi è merce preziosissima. Ma vi pare facile organizzare una corsa con tutti i crismi della regolarità? Intanto, la trasparenza. Tutto sul nostro sito, in home page. I soci che puntano pubblicamente con i loro nomi. E poi ci sono gli allenatori: gli scrittori. E i cavalli: i libri. Un cronista: io. Le regole: dieci cavalli – pardon - libri a testa su cui puntare. Ma quali? Perché libro è concetto un tantinello, ma solo un tantinello generico. E così il progettista della corsa, il socio Alberto, viene immediatamente contestato, come nelle migliori famiglie… e gare sportive. Perché solo dieci? E ci mancherebbe, dice Alberto, che ognuno puntasse su tutti quelli che vuole. In 70, 60, 50, 40, 30 … va beh diciamo durante gli anni che ogni socio ha, di libri che ha amato ne avrà almeno almeno due scaffali pieni. Non sarebbe più una corsa, ma una valanga. Anzi, a dire il vero, la corsa davvero competitiva sarebbe: un libro solo su cui puntare per ogni socio. Una gara iperselettiva. Ma tant’è, scegliamo una via di mezzo. Dieci libri a testa. E però, afferma qualcun altro, libri di che tipo? Narrativa. Ma esiste la poesia. Il teatro. La saggistica. E va beh, diamogli un taglio; se no, non si parte mai, dice il Presidente. Tagliamo fuori gli altri tre generi, e limitiamoci alla narrativa. E lasciamo nelle scuderie, fuori concorso i libri colosso, quelli fuori dal tempo. Tra l’altro, se mettiamo in campo la poesia, mi sa che sbaraglia tutti. Con le inguaribili sensibilità liriche che annoveriamo tra noi soci….. contro i poeti non ci sarebbe partita. Quelli semmai li faremo gareggiare fra loro. Una corsa con 1000 favolosi poeti e diecimila poesie che partecipano. Stiamo a posto anche per la prossima epidemia! Allora si parte, e subito vanno in testa Balzac e Tolstoj. Due allenatori di razza, con due puledri niente male: Papa Goriot e Anna Karenina. Mi sa che per i narratori contemporanei sarà dura. Anche perché nelle posizioni di testa si piazzano subito anche cavalloni della stazza dei Fratelli Karamazov e di Moby Dick. Ma gli italiani? Niente paura, arrivano anche loro. Gadda e Pirandello, Moravia e la Morante, Malaparte e Pasolini. Ma ecco ricomparire gli stranieri, con due fuoriclasse: Philip Roth con la sua “Pastorale Americana” e Gabriel Garcia Marquez col suo “Cent’anni di solitudine”. Che dire, quando comincia a sgomitare nel gruppo il fascinoso libro del grande colombiano con la magia di Macondo, un brivido corre, struggente, sul percorso di gara. Che classe, che fascino: un purosangue. Il vostro cronista lo confessa: già il titolo da solo vale il podio più alto!!!! E comunque appare chiaro che i grandi ottocenteschi trovano concorrenza agguerrita in autori e libri più recenti, novecenteschi. Una bella gara, dalla quale restano quasi del tutto assenti i libri preottocenteschi. Quasi, perché qualcuno mette in campo Ovidio con le sue Metamorfosi. Però non vale, avevamo detto di lasciar fuori concorso i colossi senza epoca, fuori del tempo. E chi poteva essere il trasgressore, se non Carlo Corridoni? che per completare l’opera affianca ad Ovidio anche Esopo. Tanto per gradire. E va beh, se fate così, allora io tiro fuori Omero (magari affiancato da Catullo) e la corsa è finita. Andate in pace, vince l’Odissea. Ma rientriamo in corsa, giusto in tempo per renderci conto che anche la narrativa thriller, poliziesca, è molto agguerrita. Da “dieci piccoli indiani” al “terzo gemello” al “grande sonno”, si scatenano Agatha Christie, Ken Follet e Raymond Chandler. E scusate se è poco. Ma dal gruppone ritornano avanti di prepotenza i grossi calibri classici. Dalla grande Madre Russia preputiniana arrivano “Guerra e Pace”, “Delitto e castigo”, “Il maestro e Margherita”. Dagli Stati Uniti pretrumpiani ecco Fitzgerald, Steinbeck, Faulkner ed Hemingway e la loro grande stagione realista. Mentre le scuderie germaniche hanno qualche difficoltà. Anche perché appaiono un po’ distratte dal conflitto teutonico con la Banca Centrale Europea. Ma Thomas Mann è superiore a queste miserie da Unione Europea, e coi suoi Buddenbrook comincia a rimontare, trascinandosi dietro Erich Maria Remarque che ci dice: attenzione, all’Ovest niente di nuovo. Mi sa che lo vedo un po’ottimista. Infatti perde subito posizioni importanti. All’Ovest invece purtroppo nuovi guai grossi: non andrà tutto bene. Ed ecco farsi largo le scuderie britanniche. In effetti partite con qualche esitazione e ritardo. Pare da Downing Street avessero detto loro di temporeggiare, in attesa di capire se la gara andasse corsa attivamente oppure si sarebbe dipanata da sola, con una tattica da gregge. Visto che stavano finendo in brutta posizione, ora hanno reagito, e hanno lanciato all’attacco una squadra molto eclettica: da Emily Dickinson a Oscar Wilde, da Dickens a Jane Austen. E però tutti questi campioni rischiano di essere superati dai concorrenti latino/americani o comunque di lingua ispanoportoghese. Nessuno di loro, tranne Marquez, sembra fortissimo in gara, ma sono tanti, davvero tanti. E hanno classe da Premio Nobel. La Allende gareggia con 1500 libri suoi: un rullo compressore. E Saramago con la sua epidemica cecità ed il suo Nobel; e Pessoa, e Jorge Amado; e il grande Vargas Losa col suo ancor recente Nobel. Dal fondo del gruppo intanto vediamo risalire e guadagnare posizioni gli italiani. E sono tanti. Da Primo Levi a Calvino, da Moravia a Vittorini, Pavese, Verga, Tomasi di Lampedusa. Realismo e neorealismo a piene mani. Più o meno magico. Ma anche pessimismo, a piene mani. “Vinti” di vario, italico profilo. Insomma, arrivano i nostri, in forze, guidati da una scatenata Elsa Morante che con la sua “Storia” guadagna posizioni su posizioni. Ed è in testa. Sì proprio così. E’ davanti a tutto il gruppo. Nel quale si stanno facendo largo anche molti altri scrittori decisamente contemporanei; ancora attivi, o quanto meno tardo novecenteschi. E comunque non ascrivibili alla schiera degli autori dalla fama consolidata, manualisticamente parlando. Da Annie Ernaux a Kent Haruf, ad Haruki Murakami. Ed Elena Ferrante, con i suoi ciclici romanzoni. E accanto a loro, i giovani, cavallini di ultimo pelo, o quasi. Altro che classici. Alcuni di loro potrebbero costituire la sezione giovani di “Iscritti a parlare”. Ecco dalla Turchia Elif Safak, dagli USA Elizabeth Strout e Jonathan Safran Foer. E poi agguerritissima Andrea Marcolongo, che a dispetto del nome ambivalente, è una giovanissima biondina di qualità eccelse; da darle la tessera di socio onorario di “Iscritti a parlare”! Appassionata di cultura greco-classica e di linguistica, scrive, affabula ed emoziona come pochi. La sua “Misura eroica” con il fascinoso Giasone alla ricerca del vello d’oro si fa largo, insieme ad altra studiosa classicista, decisamente meno giovane, ma altrettanto agguerrita, come Maria Grazia Ciani, con il suo sofisticato iperstruggente “La morte di Penelope”. Eh sì, congiunzioni felici fra antico ed ipermoderno. Insomma la scrittura strettamente contemporanea è viva e vegeta e si nutre di presente tanto quanto di antico, di realtà 2.0 quanto di mito. Ed è in piena gara. Probabilmente nessuno di questi autori vincerà la corsa che stiamo raccontando oggi, ma questo gruppo di concorrenti rappresenta una prospettiva di vincitori di corse prossime venture. Ma attenzione, cosa vediamo in mezzo al gruppone? Ma… ma sì… Il Cantico dei cantici! Ma non è possibile! Avevamo detto di no, ai libri colossi fuori dal tempo. Chi lo ha lanciato in corsa? Di nuovo, chi poteva essere? Carlo Corridoni, che a questo punto gli organizzatori procedono a squalificare. Il socio Corridoni è out. E intanto, distratti dal discolo Corridoni, non ci siamo accorti che – di soppiatto – è arrivato il socio, anzi la socia, che punta tutto sulle quote rosa. Ma sì, proprio Lei, Marina Izzo: dei dieci libri su cui investe, nove sono allenati, pardon, scritti da donne! Ma non sarà un po’ femminista la nostra Marina; un po’ prevenuta! niente niente fosse un po’ sessista!!! Ma come, con due miliardi e mezzo di scrittori uomini fra i quali scegliere, un solo uomo? Qui ci vogliono le pari opportunità, le quote azzurre. E infatti i cavalli (nel senso dei maschi) reagiscono e a questo punto spediscono Gabriel Garcia Marquez decisamente all’attacco. E sì, Cent’anni di solitudine e La Storia ora sono davanti a tutti, in un testa a testa entusiasmante. Con le loro criniere al vento. Chi vincerà fra loro due? O emergerà in extremis un terzo incomodo? Alla prossima puntata. La corsa continua…….… |