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Dal belvedere
di Daniela Solarino
Lungo il ciglio roccioso
la strada si allarga,
si protende come un grande balcone.
Lo sguardo vi spazia
ed abbraccia l’antica città
che si sgrana dai ripidi fianchi
e si adagia sull’ampia vallata.

Maestosa, saluta il passante e il turista,
offrendo alla vista il suo panorama:
il castello col vecchio orologio, i palazzi, le chiese,
le scale e i portali barocchi.
Protettiva, sorride alla gente che sosta,
ispira l’artista,
regala romantici istanti agli innamorati.

Al tramonto, la luce accarezza
la pietra che parla di storia
e rimanda riflessi soffusi, d’un rosa dorato.
Trascolora l’azzurro del cielo,
tra i graspi di case
si accendono tante piccole luci.

C’è un lunghissimo filo tenace
che percorre i miei anni,
emoziona e pervade ogni volta di un magico afflato
l’incontro coi luoghi del primo vagito.
Quelle luci, per me, sono voci.
Fanno emergere antichi ricordi,
mi sussurrano tenere frasi,
mi commuovono
come note di un nostalgico canto.

Note
Questa poesia, scritta molti anni fa e inclusa nella raccolta “Chiaroscuro”(2008) è dedicata a Modica, la mia città natale.
C’è un punto panoramico da cui si può abbracciare a colpo d’occhio la veduta del centro storico e che trasmette una particolare suggestione al tramonto. I raggi del sole si riflettono sulla pietra delle chiese e dei palazzi barocchi, poi scende la sera e sulla parte alta della città si accendono le luci … sembra come lo sfondo di un presepe. Quelle luci mi accendono antichi ricordi della mia infanzia, con il loro carico di emozioni.