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La fine e l'inizio
di Wisława Szymborska
Dopo ogni guerra c’è chi deve ripulire. In fondo un po’ d’ordine da solo con si fa. C’è chi deve spingere le macerie ai bordi delle strade per far passare i carri pieni di cadaveri. C’è chi deve sprofondare nella melma e nella cenere, tra le molle dei divani letto, le schegge di vetro e gli stracci insanguinati. C’è chi deve trascinare una trave per puntellare il muro, c’è chi deve mettere i vetri alla finestra e montare la porta sui cardini. Non è fotogenico, e ci vogliono anni. Tutte le telecamere sono già partite per un’altra guerra. Bisogna ricostruire i ponti e anche le stazioni. Le maniche saranno a brandelli a forza di rimboccarle. C’è chi, con la scopa in mano, ricorda ancora com’era. C’è chi ascolta annuendo con la testa non mozzata. Ma presto lì si aggireranno altri che troveranno il tutto un po’ noioso. C’è chi talvolta dissotterrerà da sotto un cespuglio argomenti corrosi dalla ruggine e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti. Chi sapeva di che si trattava, deve far posto a quelli che ne sanno poco. E meno di poco. E infine assolutamente nulla. Sull’erba che ha ricoperto le cause e gli effetti, c’è chi deve starsene disteso con una spiga tra i denti, perso a fissare le nuvole. | ||
Note | ||
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Questi versi di Wisława Szymborska sono stati inseriti da Alberto Galanti il 04-03-2022 |