Sanremo intergenerazionale e in contatto con la realtà
di Rosy Ciardullo---12-02-2023
Non ho mai visto Sanremo, al massimo qualche sbirciatina e poi ho sempre cambiato canale. Lo trovavo stucchevole, una vetrina scontata, il salotto del Paese con una dimensione spettacolare nazional-popolare. Pur sempre una visione politica, da non contaminare con temi d’attualità.
In questa edizione 2023, invece molti elementi di sorpresa, incursioni su vari temi,
grazie alle capacità di Amadeus che è riuscito a tenere insieme generazioni canore diverse e a rendere il Festival attrattivo per i giovani. Un successo, quindi! Visto anche lo share (66%).
Costituzione e presenza del Presidente Mattarella, e inno all’antifascismo di Benigni, hanno rappresentato il momento alto del Festival, mentre l’intervento sulle libertà femminili (Chiara Ferragni) e dell’attivista italo-iraniana Pegah Moshir Pour, le problematiche giovanili, le solitudini e l’esperienza estrema del carcere (Francesca Fagnani) e le tematiche della comunità LGBTQ, sono tutti temi urgenti che non sono stati tenuti fuori. Tanto da provocare un attacco violento e accendere polemiche da parte delle destre nei confronti dei vertici RAI invocando censure e dimissioni per mantenere “l’ordine”.
E’ mancata la presenza di Zelensky che avrei preferito che ci fosse, sarebbe stato un messaggio intimo al Paese sui pericoli della guerra e sulle inquietanti questioni connesse. Perché la guerra c’è ed è tra noi. Ogni giorno. Per questo la scelta dell’oblio è sempre insignificante.

La necessità di portare alla ribalta istanze che richiedono l’intervento della politica, non poteva risultare gradita a Salvini e agli altri della compagine governativa. Meglio solo canzonette, scintillii e banalità che sono i valori della piccola borghesia, costantemente accarezzata e spinta a mantenere il distacco dalla realtà e alto il tasso di analfabetismo funzionale che porta dritto analfabetismo istituzionale, con sgrammaticature drammatiche, come quelle offerte da Del Mastro e Donzelli. Che volutamente tendono ad alimentare quel ribellismo populista che blocca il nostro Paese da 25-30 anni.
La Presidente Giorgia Meloni, veste il doppiopetto in patria e mantiene un profilo sobrio, europeista e atlantista all’estero. Non tanto convincente però, visto che la sua ambiguità costante, i tentennamenti tra Europa e sovranisti, non stanno pagando molto, anzi hanno accentuato i dissapori con la Francia riportando il Paese alla crisi di credibilità più grave di più di un decennio fa.