Sono solo canzonette ...
di Stefano Minghetti---29-01-2021
Non bastava la crisi di governo a turbare i sonni degli italiani, già provati dalla pandemia, ci voleva anche la crisi di Sanremo.
E’ bastato che il ministro Franceschini affermasse che il teatro Ariston, sede dello storico Festival (che, tra parentesi, proprio oggi compie 70 anni, visto che la prima edizione ebbe inizio il 29 gennaio 1951) deve rispettare le regole anti-contagio emanate per tutti i teatri e, quindi, non sarà ammessa la presenza del pubblico in sala, che si sono scatenate le polemiche.

Nella migliore tradizione del nostro paese, si sono formati due schieramenti: da un lato, i rappresentanti del mondo dello spettacolo (il più penalizzato dalla crisi) hanno applaudito alla decisione del ministro, sostenendo che le regole devono valere per tutti, quindi anche per il festival di Sanremo. Dall’altro lato, la Rai, che manda in onda il festival, sostiene che si tratta di una trasmissione televisiva a tutti gli effetti e che le persone presenti in sala sono assimilabili a veri e propri “figuranti”, presenti in tutti gli show televisivi.
Chi sostiene la prima tesi, si fa forte del fatto che se le regole valgono per i teatri lirici, dove si celebra la musica “vera”, a maggior ragione devono valere per uno spettacolo basato sulla musica “popolare”. Dall’altro lato si ribatte che il festival di Sanremo è trasversale e le sue canzoni formano la “colonna sonora” delI’Italia: sono insomma un album di famiglia musicale e come tale degno della massima considerazione.
La solita minoranza radical-chic contro la maggioranza nazional-popolare? Cultura “alta” contro cultura “bassa”? Verdi e Puccini contro Mogol e Battisti?

Il dibattito è aperto e, come dicono in televisione, “restate con noi”.