A mali estremi estremi rimedi
di Alberto Galanti---10-08-2019
Confesso che provo vergogna quando vedo Luigi Di Maio, una persona assolutamente inadeguata per livello culturale, esperienza professionale, intelligenza nelle sue molteplici componenti, mancanza di senso dello Stato e insofferenza allo Stato di Diritto, ricoprire contemporaneamente i ruoli di vicepresidente del Consiglio, ministro del Lavoro e ministro dello Sviluppo economico nel Governo Italiano. Mi vergogno come cittadino avente diritto al voto, come ex docente, come iscritto alla FIOM e alla CGIL Scuola e come storico elettore di sinistra, individualmente corresponsabile del declino politico che abbiamo concorso a provocare. I motivi ho avuto modo di spiegarli in un mio precedente intervento.

Al contrario, non provo vergogna quando vedo Matteo Salvini che, a meno della conta brutale dei neuroni, è simile al Di Maio, fare il vicepresidente del Consiglio, il ministro dell’Interno e, ora, l’aspirante plenipotenziario. La destra in Italia questa è. Possiamo averla aiutata a crescere col nostro acritico e irresponsabile “buonismo” e con uno zelante rispetto delle regole, dei diritti, dei trattati internazionali, ma cos’altro potevamo fare mentre eravamo travolti da una crisi economica e migratoria epocale?
E’ una destra becera, squallida, spudoratamente spregiudicata nel richiamo ipocrita a valori cattolici sufficienti a conquistarsi il voto dei tantissimi “cristiani un tanto al chilo” che sanno bene come stanno le cose e le vogliono proprio così. Non posso incolparmi di questo. Anzi, a dirla tutta, ritengo che questo tipo di destra, nel corso dei vari decenni del dopoguerra, non potesse che produrre questa sinistra storica, frammentata, ottusa e inadeguata ad assumere saldamente la guida del Paese. In qualche modo la vedo come un’attenuante alle nostre responsabilità.

Faccio questa lunga premessa per dire che dissento decisamente da quanti attribuiscono strumentalmente la crescita dei consensi a Salvini al rifiuto del PD di fare un governo con il M5S dopo il voto del 4 marzo. Un PD attestato al 18,7% grazie al voto di persone culturalmente e razionalmente attrezzate a comprendere la complessità della realtà italiana e per ciò disgustate dal fenomeno grillino. Un M5S euforico e più arrogante che mai per il 32,7% dei consensi ricevuti da persone sicuramente insofferenti nei confronti dell’odiato sistema e del PD (partito delle banche e dei petrolieri, di corrotti e faccendieri) ma anche, diciamo, ingenui al punto di credere alle improbabili proposte di soluzione dei problemi, presentate da quei soggetti che si sono dimostrati alla lunga ciarlatani della peggior specie.
I fautori dell’accordo PD M5S hanno provato a immaginare quali avrebbero potuto essere i contenuti di quell’ipotetico contratto di governo con quei rapporti di forza e quel clima politico?
I teorici del rapporto contro natura (a cui consiglio la rilettura del mito di Pasife) hanno pensato alla forza economica, politica, numerica che avrebbe messo in campo l’opposizione delle destre unite e delle regioni del Nord contro un governo PD e M5S?
Chi può avere il coraggio di dire che il SUD beatamente grillino e le disastrate regioni meridionali avrebbero potuto competere e rappresentare un solido baluardo a difesa dell’azione di governo?

Oggi, a crisi di governo conclamata, è tornata l’ipotesi molto improbabile di una soluzione di governo PD M5S pur di contrastare il sicuro successo di Salvini se si tornasse subito al voto.
Il M5S in forte crisi ha perso la sua arroganza e, tolti gli stolti alla guida, i parlamentari grillini non mi sembrano più sicuri della loro forza visto che stanno per uscire brutalmente dal Palazzo e il loro futuro è diventato molto incerto.
Gli elettori italiani hanno dimostrato di sbandare più volte al punto tale da far correre seri rischi alla democrazia istituzionale se prima non li riportiamo con i piedi per terra.
Il PD è uscito dalla depressione ma è chiaro che non ha possibilità di vincere e governare. Dovrà accettare di essere all’opposizione ancora qualche anno, ma in un paese saldamente in Europa e istituzionalmente protetto.
Non sarà facile se vince Salvini.
Tra le ipotesi uscite in questi giorni vedrei come il male minore un accordo PD e M5S solo per fare 4 cose:
1 – impedire che scattino le clausole di salvaguardia sull’IVA e difendere così il potere di acquisto delle fasce più deboli. Cancellare quota 100 per difendere gli interessi dei giovani e le loro future pensioni. Sarà meno difficoltoso fare la legge di bilancio con queste scelte.
2 – sbloccare tutte le grandi opere e i relativi investimenti, senza se e senza ma.
3 – accettare, obtorto collo, di completare l’iter di riforma costituzionale per ridurre il numero dei parlamentari e far votare il Senato ai 18enni, come chiedono i grillini (cointestandoci così la riforma che è molto ma molto popolare)
4 – fare una riforma elettorale puramente proporzionale per impedire futuri salti nel buio e andare al voto a marzo 2020.
Lascerei fuori tutti gli aspetti riguardanti la sicurezza e l’immigrazione. Ci penserà la coalizione di governo che uscirà dal voto di marzo 2020 a decidere quali modifiche introdurre alle leggi di Salvini. Non credo che ci sia bisogno di spiegare perché.

Non sono diventato proporzionalista e neanche grillino. Sono abituato a valutare quale è secondo me il male minore per poi sceglierlo.


p.s.
Carissimo Peppino, non sai quanto ci manca la tua opinione in proposito. Dovremo farci l’abitudine. Normalmente una situazione politica così grave l’avremmo discussa tutti insieme il lunedì in sede, oppure tu e io ci saremmo scambiati preliminarmente le idee negli altri giorni, chiacchierando a via Andrea Doria, dove ti incontravo quando portavi a spasso Margot. A proposito di Margot quando mi capiterà di rivederla la voglio abbracciare. Voglio che senta che le sono vicino mentre sta soffrendo, come un cane, per la tua scomparsa.