Pasquale e il DEF
di Stefano Minghetti---18-04-2019
A leggere gli articoli di stampa che illustrano il DEF da poco varato dal governo giallo-verde vengono i brividi. Il governo promette di tagliare le tasse, alzare le spese e far diminuire il debito pubblico. Inoltre, tanto per largheggiare lo stato si accolla pure i debiti del Comune di Roma.
Da dove dovrebbero arrivano i soldi? Mistero. Non appena il ministro Tria, si è azzardato a dire che, in assenza di altre misure, il prossimo anno aumenterà l’Iva, subito i “gemelli del deficit” Di Maio e Salvini si sono affrettati a smentirlo.
Il tutto in uno scenario di stagnazione, con le stime di crescita del Pil passate dall’1 allo 0,2%. Un libro dei sogni, nel migliore dei casi; un libro di incubi nel peggiore. Al quale seguirà l’inevitabile politica di “sangue, sudore e lacrime”.
Eppure, tutto questo non sembra scalfire più di tanto il consenso che sostiene l’attuale governo e i partiti che lo compongono: ingenuità, menefreghismo, rassegnazione?

A me viene in mente una vecchia scenetta del grande Totò: quella di Pasquale. In questa scenetta, Totò racconta a un amico di essere stato riempito di botte da un energumeno che lo aveva scambiato per un certo Pasquale. Il racconto va avanti per alcuni minuti, finché l’amico sempre più esterrefatto gli chiede “Ma, insomma, perché non hai reagito?”. Al che, Totò risponde serafico: “E che mi frega a me, che so’ Pasquale io!”.
Ecco, a volte ho l’impressione che noi italiani ci comportiamo tutti come Totò e, di fronte alle inevitabili “botte” che si preannunciano, ci limitiamo a dire: “Eh che, so’ Pasquale io!”.