PAROLE
di Maria Teresa Iannitto---22-06-2018
Salvini parla e straparla, tutti i giorni e a tutte le ore, su qualunque argomento e tutti si adoperano a diffondere dovunque le sue esternazioni, magari per denunciare la propria distanza, ma contribuendo a fagli da cassa di risonanza. Alle sue parole non corrispondono fatti: nel giro di poco i vari ministri intervengono per precisare, smentire, ridimensionare, etc. Ma le parole di odio sono una mala pianta che mette radici e quello che prima si pensava, ma non si diceva per vergogna, o che nemmeno si era pensato, e che ora sembra plausibile, diventa linguaggio comune e si trasforma in fatto e così la comunità si va sgretolando, si perde ciò che ci mantiene uniti e solidali: la fiducia, il senso civico, il rispetto per le istituzioni, la moralità generalizzata sostituita dalla lealtà di gruppo.
Prendiamo il caso dei rom. Una minoranza storicamente emarginata e perseguitata in Europa per secoli, insieme ad altre categorie come gli ebrei, gli storpi, i lebbrosi, gli orfani, le vedove e via discorrendo, a seconda dei luoghi e dei tempi ognuno ha avuto i propri ghetti, roghi, pogrom ….
Tutti più o meno abbiamo avuto a che fare direttamente o indirettamente con le borseggiatrici impunite che viaggiano quotidianamente sulla metro e possiamo onestamente ammettere che non riusciamo a provare alcuna simpatia per loro. Possibile che non esista un modo per eliminare la presenza dei ladri sui mezzi di trasporto? Il problema sono i rom che esercitano questa attività sulla metro o le autorità responsabili che non riescono a garantire la sicurezza dei viaggiatori? Io penso che la questione principale è garantire la sicurezza dei viaggiatori a prescindere dalla etnia dei delinquenti.
Succede poi che questa esperienza quotidiana si riversa anche su altri aspetti della vita delle persone. Mettiamo che a scuola si iscrivano dei bambini rom, poche unità su un totale di quasi un migliaio di iscritti in un istituto comprensivo. Se vengono a scuola vuol dire che non stanno per strada a delinquere. La scuola è / dovrebbe essere il luogo per eccellenza dove costruire un futuro di integrazione, di successo lavorativo e professionale, di cittadinanza attiva. Eppure succede che prima ancora che mettano piede a scuola, comincia il movimento dei genitori, dei nonni, degli zii, di quelli che “raccomandano” e perfino dei docenti per non averli in classe con gli altri perché ….si sa: i rom puzzano, non si lavano, portano i pidocchi, rubano, dicono oscenità…..e questo riferito anche a bambini di 3-4-5 anni. E quando arrivano i primi giorni dell’anno, sono immediatamente messi all’angolo, minacciati, accusati di aver rubato dalla matita al libro di testo e ovviamente lo smartphone, che invece era rimasto sul comodino di casa. La reazione di chi si sente emarginato è spesso violenta, ma per lo più succede che poi a scuola ci vengono poco. Frequenza saltuaria, e qualcuno poi non ci viene più e lo trovi che vende i fazzoletti al semaforo.
Troppo semplice concludere che è colpa delle comunità poco accoglienti la presenza dei piccoli borseggiatori sulla metro e fare appello al senso di colpa di ognuno di noi per quello che abbiamo o non abbiamo fatto perché la vita di questi bambini potesse essere migliore. Però se guardassimo quegli occhi neri spalancati sul mondo e ci vedessimo solo un bambino che vuole imparare e giocare con gli altri invece che un piccolo ladro di cui aver paura, sarebbe un mondo migliore e i Salvini non avrebbero campo.