Il senso della scuola nelle carceri
di Lucia Fattori---13-04-2018
Ho ricevuto un ulteriore contributo alla nostra iniziativa del 16 aprile. Ce lo ha inviato la prof.ssa Ada Maurizio, Dirigente Scolastica della scuola nel carcere di Roma.
Lo riporto integralmente.

LA SCUOLA IN CARCERE SECONDO LA LEGISLAZIONE
I principali riferimenti normativi relativi al trattamento penitenziario dei detenuti e alla loro formazione sono i seguenti:
a. Articolo 27 della Costituzione: “[…] le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”;
b. Articolo 10 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966;
c. Articoli 15 e 19 della Legge di riforma penitenziaria n. 354 del 1975: “Il trattamento […] è svolto avvalendosi principalmente dell’istruzione [...]”; “ Negli Istituti penitenziari la formazione culturale e professionale è curata mediante l’organizzazione dei corsi della scuola dell’obbligo e di corsi di addestramento professionale, secondo gli orientamenti vigenti e con l’ausilio di metodi adeguati alla condizione dei soggetti […] “.
d. Articolo 1 del D.P.R. n. 230 del 2000 (regolamento attuativo della legge di riforma penitenziaria): “Il trattamento rieducativo nei confronti dei condannati e degli internati è diretto, inoltre, a promuovere un processo di modificazione delle condizioni e degli atteggiamenti personali […] che sono di ostacolo a una costruttiva partecipazione sociale”;
e. Circolare 253/93, che disciplina più specificatamente l’istituzione scolastica in carcere, avendo come oggetto i “corsi di scuola elementare e corsi di scuola media presso gli istituti di prevenzione e pena”.
Tale Circolare indica:
1-la finalità formativa della scuola;
2-la metodologia didattica, “flessibile, individualizzata con utilizzo di tecniche che suscitino interesse negli utenti, la produzione autonoma di materiali didattici e di valutazione, l'introduzione e il potenziamento di tecnologie multimediali”;
3-la specificità dei contenuti riferibili “all'area del diritto e dell'economia, all'area della comunicazione e dei linguaggi, all'area fisico-motoria”;
4-numero minimo dovesse venir meno, dovrà essere comunque garantita la prosecuzione di corsi già attivati;
5-la necessità di garantire periodici incontri con l'amministrazione penitenziaria;
6-l’esigenza di promuovere forme di aggiornamento per i docenti in servizio presso la scuola carceraria al fine di acquisire un'adeguata conoscenza dell'organizzazione e del funzionamento dell'istituzione carceraria.

Le Regole Penitenziarie Europee (EPR), adottate per la prima volta nel 1973 dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, in seguito modificate nel 1987 e nel 2006 (Raccomandazione R (2006)2 del Comitato dei Ministri agli Stati membri sulle Regole Penitenziarie Europee), mirano a standardizzare le politiche penitenziarie degli Stati membri per dar vita a norme e prassi comuni. Il documento conferma gli standard contenuti nelle raccomandazioni del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che si riferiscono a specifici aspetti della politica e della prassi penitenziaria e in particolare, per l’istruzione in carcere, le Raccomandazioni del Consiglio d'Europa No. R (89) 12, sull'attività educativa negli Istituti Penali, dove si parla di 'istruzione' nella sua accezione più ampia, non necessariamente finalizzata al conseguimento di titoli di studio e certificazioni (art. 1): “Tutti i ristretti devono avere accesso all'istruzione, che prevede l'istituzione di corsi di base, di corsi professionali, di attività creative e culturali, di corsi di educazione fisica e sport, di educazione sociale e di servizi di biblioteca”.
Il 23 maggio 2016, in occasione del ventiquattresimo anniversario della strage di Capaci, è stato siglato a Palermo il nuovo Protocollo tra MIUR e Ministero della Giustizia a distanza di quattro anni dal precedente.
L'Accordo impegna le due amministrazioni ad attivare e a sperimentare percorsi formativi coerenti con la riforma del sistema di istruzione degli adulti (DPR 263/2012), a regime in Italia dall'anno scolastico 2015/16.

METODOLOGIA
La didattica è necessariamente calibrata sull’utenza, e deve pertanto essere elastica, personalizzata e il più possibile per piccoli gruppi e non può prescindere da un rapporto di stima e fiducia, indispensabile per veicolare l’apprendimento delle specifiche discipline. È importante tener presente che durante lo svolgimento delle attività didattiche va lasciato un margine di “improvvisazione” che consenta al docente di riadattare le lezioni ai bisogni che di volta in volta emergono da parte dei corsisti. Lo svolgimento della didattica è inevitabilmente influenzato dalle problematiche degli Istituti penitenziari (trasferimenti, fine pena, provvedimenti disciplinari, divieti d’incontro, assenze legate all’iter giudiziario, problemi di salute psico-fisica). A questi si aggiungono i problemi strutturali quali lunghe e complesse procedure burocratiche, aule sottodimensionate, limiti nell’uso degli strumenti di supporto didattico e del materiale. “La scuola deve servire a costruire ponti tra il carcere e il territorio, tra vita 'ristretta' e la società esterna.” Considerata l’estrema eterogeneità per età anagrafica, per provenienza, per condizioni socioculturali, prerequisiti, esperienze e aspettative degli utenti del CPIA, la parola chiave del delicato rapporto insegnante-corsista sarà la continua calibrazione del processo di insegnamento. L’attenzione ai bisogni, agli interessi, agli stati d’animo, alle capacità ed abilità personali costituirà la guida che consentirà di produrre cambiamento e crescita individuale. A tal fine si instaurerà un rapporto improntato al rispetto del vissuto dei discenti, oltre che dei loro ritmi e stili di apprendimento, e si assumerà la cooperazione come stile relazionale e modalità di lavoro. Partendo dall’assunto che il cervello interiorizza quello che decide di interiorizzare, non quello che gli viene presentato, il quadro teorico di riferimento adottato privilegerà un approccio umanistico-affettivo il quale, rispettando i soggetti che apprendono, permette di nutrire la loro volontà di imparare. Il carattere eterogeneo dell'utenza impone una continua riflessione sulle strategie adottate e da adottare, un continuo ripensamento, una continua revisione al fine di adattare i metodi al discente e non viceversa. Partendo da situazioni concrete e significative per i corsisti, le questioni saranno poste in forma problematica al fine di suscitare interesse, curiosità e sviluppare capacità di problem solving. Nella trattazione degli argomenti si procederà dal semplice al complesso. La lezione frontale sarà alternata a lavori per gruppi favorendo il cooperative learning e la peer education. Saranno privilegiate quelle attività funzionali a far emergere, a valorizzare e a rispettare le diverse esperienze culturali e umane, anche al fine di favorire il dialogo interculturale e valorizzare le 'diversità' da vivere come potenzialità. Il ruolo del docente sarà prima di tutto quello di facilitatore del processo di insegnamento/apprendimento. Non si smetterà mai di prestare una particolare attenzione all'analisi dei bisogni del gruppo, sia nella fase di scelta delle attività da proporre sia in quella di verifica dell’acquisizione delle competenze previste. Saranno proposte anche attività di recupero e consolidamento personalizzate e per piccoli gruppi.

IL SENSO DELLA SCUOLA IN CARCERE
La scuola in carcere è un momento imprescindibile nel percorso di recupero e reinserimento dei detenuti nella società. È’ un luogo di confronto, socializzazione, riflessione, incontro e accettazione di sé e dell’altro. La scuola aiuta i corsisti a vivere le giornate con cadenze temporali che consentono loro di ritrovare una 'normalità' nonostante la vita reclusa. Oltre a fornire un’istruzione formale, la scuola in carcere permette ai corsisti di riavvicinarsi alla cultura della legalità e di acquisire senso civico e un sistema di regole. Intende promuovere l’acquisizione di un metodo di studio che permetta loro di apprendere in modo autonomo e permanente e di riscoprire la curiosità e la voglia di imparare.